Comitato Guglielmo Marconi International - Fondato nel 1995

"Caterina"

La radio della speranza

La storia di "Caterina", la radio della speranza costruita da un pugno di uomini figli dell'impegno italiano, internati nel campo di concentramento nazista di Sandbostel nel marzo 1944, ci riporta in un tempo lontano.
Proprio cosi'.
Ora che siamo immersi in un'epoca dove transistor e circuiti stampati troneggiano dall'alto della loro vastissima diffusione e nella quale epoca la tecnica ha raggiunto livelli fino a poco tempo fa quasi impensabili, la vicenda di Radio Caterina ci trasporta in un'altra dimensione, piu' semplice e, se volete, anche piu' primitiva, ma sicuramente affascinante. Il nome stesso che fu dato a questa radio, Caterina appunto, ha il sapore dell'estrema semplicita' dell'invenzione.
Ed e' proprio da cose comuni che e' nato questo marchingegno. La radio in questione e' un apparecchio ricevente ad una valvola del tipo "a super reazione", in onde medie, e fu ideata, costruita e usata nel campo di Sandbostel, nella Germania nord-occidentale, da alcuni ufficiali italiani.
"Caterina" allevio' l'angoscia della prigionia di migliaia di uomini, grazie alle notizie ricevute da Radio Londra, Berlino, Parigi, Busto Arsizio, e Bari che annunciavano l'approssimarsi della liberazione.
La radio nacque quasi dal nulla. Il primo elemento fu una valvola, un pentodo 1Q5, fatto entrare furtivamente nel campo nascosta nella borraccia del tenente Martignago, vero e proprio mago nell'organizzazione della sorveglianza.
Da questo semplice ma essenziale elemento prese vita "Caterina". Attorno alla valvola, con infinita pazienza e dopo mesi di esperimenti, il capitano Aldo Angiolillo e il sottotenente Oliviero Olivero costruirono quella che puo' essere definita la "Radio della Speranza".
Il capitano Aldo Angiolillo era l'infaticabile costruttore di resistenze, pile e condensatori ricavati da barattoli, stoffa e cartine di sigarette. Il sottotenente Olivero, invece, era l'ideatore del circuito radio e l'operatore d'ascolto, nonche' egli stesso parte integrante del ricevitore, del quale, tenendone il filo in bocca, costituiva l'antenna, cercando continuamente le migliori condizioni di ascolto muovendo un piede piu' o meno vicino al pavimento bagnato.
Puo' sembrare impossibile che un ricevitore cosi' precario, con un auricolare di latta e alimentato da pile evanescenti, riuscisse a captare segnali deboli e lontani, nel marasma dei disturbi potenti e vicini irradiati dai nazisti per impedire l'ascolto della radio straniere. Il segreto stava nell'elevatissima sensibilita' del circuito, sempre tenuto in condizioni prossime all'innesco regolando pazientemente e con precisione la reazione variando la distanza del piede dal terreno.
L'ascolto avveniva tra le 21 e le 23, quando il lager era senza luce; il luogo non era fisso, piu' spesso era il magazzino affidato al tenente Talotti; altre volte avveniva nella "cuccia" dell'operatore, nascosto da una coperta, alla luce di una flebile fiammella.
Questo avveniva mentre gli altri prigionieri dormivano: nessuno si accorse mai di nulla. Le notizie venivano lette al mattino dai tenenti Capolozza e Pisani, che per piu' di dodici mesi hanno rischiato tutti i giorni la vita. Una traduzione in inglese raggiungeva anche altri lager e la popolazione civile tedesca. Per tutti questa era l'unica voce della verita'
La costruzione di Radio Caterina puo' aiutare a comprendere l'ingegnosita' di questi nostri ufficiali.
Le bobine di sintonia e di reazione erano state realizzate avvolgendo un filo di rame smaltato tolto dalla dinamo di una bicicletta di un militare tedesco. Il condensatore variabile, invece, era stato costruito con lamiere di barattoli e, per isolante, con della celluloide.
Con stagnola e cartine di sigarette era stato costruito il condensatore fisso.
La resistenza aveva preso vita partendo dalla graffite per matite, mentre la batteria di accensione era stata costruita con il carbone e la polvere recuperati da una pila esaurita tedesca, con la lamiera di zinco ritagliata da lavatoio mentre, per l'elettrolito dal liquido dei sottaceti trovati nei pacchi viveri dei prigionieri francesi che, a differenza di quelli italiani, erano assistiti dalla Croce Rossa Internazionale.
La batteria anodica, infine, era stata fatta con monete di rame da dieci centesimi, alternate a dischi di zinco e di stoffa, imbevuti negli elettroliti (liquidi vari come l'aceto oppure nell'ammoniaca (ricavata dai pozzi neri) od anche acidi presi dall'infermeria).
Nacque cosi' Radio Caterina: con semplicita' ed ingegno. Un esempio per gli odierni amatori di radio, sempre alla ricerca di nuove componenti tecniche: non occorre essere troppo esigenti per ideare un apparecchio di ascolto.
Questi due ufficiali, Oliviero e Angiolillo, che infatti fabbricarono la loro radio dal niente, possono essere considerati a pieno titolo tecnici autocostruttori dell'affascinante mondo dei Radioamatori.

Di Giuseppe Borghini -IW5CID
Tratto da Radio Rivista 2-91

Occhio segreto nel Lager - Storia della famosa "Caterina" - Articolo tratto da Oggi numero 11 del 1946

I ricevitori clandestini nei campi di prigionia

Un doveroso ringraziamento va all'Ing. Oliviero che ha permesso la realizzazione di questo articolo grazie alla sua collaborazione e ha concesso la possibilita' di fotografare l'apparecchio da lui costruito e che ora e' conservato nel Museo dell'Internamento a Padova Terranegra.


RADIO CATERINA la radio della speranza

La radio " Caterina " nasce nel campo di prigionia di Sandbostel nella Germania nord-occidentale nel 1944, ad opera di alcuni ufficiali dell' esercito italiano ivi detenuti dopo i fatti dell' 8 settembre 1943.
Gran parte del gruppo di internati si mobilitò alla ricerca di idee e materiali utili alla costruzione di vari componenti, in particolare il capitano Aldo Angiolillo e il tenente Oliviero Olivero idearono il circuito e costruirono i componenti necessari al funzionamento della ricevente, basata su una valvola (pentodo) di tipo 1Q5, fatta entrare di nascosto all' interno della borraccia del tenente Martignago.
Per costruire le bobine venne usato il filo di rame tolto dalla dinamo della bicicletta del postino tedesco (soprannominato Margarina). I condensatori vennero fabbricati usando la stagnola dei pacchetti di sigarette e le cartine stesse erano il dielettrico isolante; sciogliendo la cera delle candele, si cercava di migliorare il dielettrico dei condensatori stessi.
Per le resistenze venne usata la grafite delle matite, ma quel che più stupisce fu la capacità di alimentare detto apparecchio dato che una valvola abbisogna almeno di due sorgenti di alimentazione, una a basso voltaggio per l' accensione del filamento e una per l' alimentazione del circuito (anodica).
Per qualche tempo fu possibile alimentare la radio tramite l' illuminazione elettrica delle baracche, due sottilissimi fili nascosti nelle screpolature del legno,con all' estremità due spilli, risalivano fino ai fili della luce, dove all' occorrenza venivano conficcati nei conduttori stessi.
Quando i tedeschi responsabili del campo vennero a conoscenza dell'esistenza di una radio fecero togliere l' illuminazione elettrica dalle baracche degli italiani e allora divenne necessario alimentare la "Caterina" con sorgenti autonome.
La pila per il filamento venne costruita partendo da un rettangolo di zinco ritagliato dal rivestimento dei lavatoi, opportunamente sagomato a cilindro. Diversi furono gli elettroliti sperimentati, dagli acidi presenti in infermeria e sottratti inventando le più acute forme di reumatismi e malesseri vari per farsi ricoverare. Vennero provati anche degli stracci imbevuti di ammoniaca ricavata dai pozzi neri. L' elettrodo positivo era il cilindretto di carbone di una vecchia pila esaurita. Con audacia si procedeva anche alla ricarica della pila stessa, legandola ad una gamba, sotto alla tonaca del Padre Cappuccino Luigi Grigoletto, meno sospettabile e non soggetto a perquisizioni, il quale si recava poi in infermeria con il pretesto di visitare gli ammalati. La batteria anodica fu realizzata alternando monete di rame da 10 centesimi e dischetti di zinco dello stesso diametro, tra i quali veniva interposta una garza imbevuta da liquido dei sottaceti (liquido a composizione acida) avuti dai prigionieri francesi che erano assistiti dalla Croce Rossa internazionale e quindi godevano di un trattamento migliore a differenza degli italiani. In pratica la pila di Volta. Come cuffia d' ascolto venne usata una scatoletta di latta il cui fondo era stato opportunamente sagomato per ottenere una membrana sensibile e all' interno vi era collocato un magnete con del filo avvolto.
Il componente più originale e forse più importante però era il corpo del tenente Oliviero, che tenendo in bocca il filo d' antenna e avvicinando ed allontanando un piede al pavimento portava il ricevitore in prossimità dell'innesco , dove come si sa, i ricevitori in "reazione" hanno la maggiore sensibilità.
L'ascolto avveniva sempre tra le 21 e le 23 mentre il campo era senza luce e gli altri prigionieri dormivano e le notizie venivano lette al mattino successivo da due ufficiali (Capolozza e Pisani) i quali passavano poi il "bollettino" ai lager confinanti dopo averlo tradotto in inglese.
Numerose furono le perquisizioni, in particolare il 27 gennaio del 45, le pareti, i pavimenti i tetti delle baracche maggiormente sospettate, furono quasi completamente disfatti da squadre della "Gestapo" alla ricerca della sfuggente radio, ma la smontabilità della "Caterina"era una delle sue principali caratteristiche e così il variabile diventava un innocuo raschino per pulire, il contenitore diventava una scatola portaoggetti, appesa alle brande, l' auricolare, una scatoletta portamonete e il gruppo bobine variometro veniva nascosto in una gavetta sotto scorze di patate.
In questo modo tutti i tentativi di scoprire Radio Caterina furono sempre elusi e per più di 12 mesi questa fu l' unica voce della verità e della speranza per centinaia di persone che oltre a vivere in condizioni precarie, erano anche all' oscuro di ciò che accadeva nel mondo.
Ho cercato di ricostruire il più fedelmente possibile un a copia statica della radio Caterina, potendomi basare sull' osservazione e sulle foto da me scattate all' originale, conservata nel museo dell' internamento di Padova.
Tecnicamente si tratta di un ricevitore in reazione ad una valvola con circuito di sintonia a variometro, più un condensatore variabile realizzato con due spicchi di lamiera di rame separati da un foglio di carta oleata; l' armatura mobile sporge per poter essere mossa (vedi foto). Semplicemente sfilando la spinetta di legno, sulla sinistra, che serve a far ruotare la bobina interna, tutto il gruppo viene liberato e pronto ad essere tolto (a volte strappato) e nascosto. Ovviamente non ci sono saldature e tutte le connessioni sono effettuate a filo ritorto. Ho provato a ricreare la batteria anodica utilizzando le attuali monetine da 5 centesimi di Euro, alternando dei dischetti di zinco dello stesso diametro e interponendo dei dischetti di stoffa imbevuta di aceto. Con 10 elementi ho ottenuto una tensione di poco superiore ai 12 volt e qualche milliampere, permettendomi di accendere 6 led per qualche minuto (i risultati migliori si ottengono con l'aceto a 7 gradi di acidità). Deduco che la tensione ricavata dalla batteria originale fosse di 20-25 volt, dato che gli elementi erano 20.
Se in futuro dovessi rintracciare altre notizie o caratteristiche costruttive, non escludo di ritornare sull' argomento.

*
Un ringraziamento particolare va al direttore del museo, Don Alberto Celeghin, che mi ha dato la possibilità di consultare l'archivio del museo stesso da cui ho potuto trarre notizie approfondite su questo particolare ricevitore unico al mondo, eccezion fatta per la radio "Mimma", simile alla Caterina, ma con la possibilità di ricevere anche le Onde Corte e costruita successivamente nel campo di Fallingbostel nel nord della Germania quando quasi tutto il gruppo di Radio Caterina fu ivi spostato.

Coloro che volessero vedere di persona l' originale della Radio Caterina, e altri particolari storici di quel periodo, possono visitare il Museo dell' Internamento a Padova (Loc. Terranegra) Viale dell' Internamento Ignoto, 24.

Per contattare il museo, telefonare al n. 049751986.

P.S.

Il museo è aperto anche la Domenica dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00

Renzo Casagrande


Ricostruzione di Radio Caterina fatta dal Sig. Renzo Casagrande.

www.radio-caterina.org


Nei conflitti e nelle situazioni di crisi, la radio, dopo la sua invenzione, ha sempre avuto un ruolo importante ma vorrei descrivere in questo articolo due particolari radio che definirei non convenzionali: la radio "Fox Hole" o radio a lametta, e la radio "Caterina"

RADIO FOX HOLE "radio a lametta"

La radio Fox hole ovvero tana della volpe, venne costruita in numerosi esemplari soprattutto durante il II° conflitto mondiale dai soldati nelle trincee di diversi Paesi, ma sembra che l' ideatore sia stato un soldato americano.

Questo ricevitore lo si può considerare il parente povero della radio galena, in quanto come questa, non ha bisogno di pile di alimentazione e il circuito elettrico e molto semplice. In situazioni difficili, anche procurarsi il cristallo di galena non era cosa semplice e così il compito di rivelare il segnale a radiofrequenza viene qui svolto dal contatto imperfetto tra la grafite di una matita e l' acciaio di una lametta da barba fissata con delle puntine da disegno ad una tavoletta di legno. La bobina del circuito risonante viene avvolta su un' altra tavoletta di legno per conferire al tutto una forma piatta e degli ingombri compatibili con le dimensioni dei tasconi della giacca mimetica. Un contatto strisciante ricavato da una clips fermacarte, toccando le varie spire della suddetta bobina, provvede ad una rudimentale sintonia e adattamento d' antenna. Un filo lungo almeno una quindicina di metri per l' antenna e una buona presa di terra erano indispensabili per il funzionamento di questa radio che per ovvi motivi veniva usata prevalentemente nelle ore notturne. L' unico componente "esterno" era il trasduttore-cuffia che veniva opportunamente "preso in prestito" dalla cornetta di un telefono campale; ci voleva poi una certa abilità nell' appoggiare delicatamente la punta della matita sopra la lametta fino a far parlare la radio, naturalmente il volume di ricezione era molto basso, circa la metà della radio a galena, questo dipendeva poi dalla vicinanza o meno della stazione trasmittente ma. niente valvole ne diodi ne alimentazione! E' interessante pensare che la radio a lametta, data la sua semplicità, può essere costruita e fatta funzionare anche ai nostri giorni, con risultato certo, riscoprendo così la preziosità di certi materiali d' uso comune.

Note per coloro che vogliono costruire una radio a lametta:
L' unica operazione che richiede un po' di tempo, è la costruzione della bobina, che consiste nell' avvolgere circa 170 spire di filo di rame smaltato da 0,5 mm su un rettangolo di legno delle dimensioni di cm. 5 x 12 circa e di spessore 0,6/0,7 cm. questa verrà poi fissata sopra un altro rettangolo di legno della stessa larghezza e di circa 14 cm di lunghezza. Nel percorso del contatto strisciante sopra la bobina, dovrete raschiare con della carta abrasiva lo smalto isolante, affinchè si stabilisca un buon contatto.
Liberate un pezzo di mina di una matita dal legno che la circonda e collegatela ad un filo di rame nudo sufficientemente rigido che verrà poi fissato alla tavoletta di legno, mentre la punta della mina dovrà sfiorare la lametta da barba. (non usare lamette rivestite, meglio quelle vecchie in normale acciaio)
Lo schema semplicissimo da seguire è di seguito riportato, mentre per la costruzione credo che la foto sia esaustiva.
Data la bassa impedenza caratteristica dell' apparecchietto, non è indispensabile l' uso di una cuffia da 2000 e più ohm, come servirebbe per la galena, può bastare il ricevitore che si trova nella cornetta di un telefono di qualche anno fa, quelli con combinatore a disco, ancora più sensibili sono le capsule riceventi dei telefoni neri in bakelite.
Il radioamatore W8EFW che la descrisse nella rivista QST , numero di settembre 1945, riteneva che la portata fosse di circa 30Km, ma io che disto molto di più dai trasmettitori OM RAI di Venezia vi posso assicurare che con l' esemplare da me costruito ricevo in modo comprensibile RadioUno usando come antenna una filare di 25 m.

Renzo Casagrande
Tratto da: Scala Parlante AIRE n. 4 e 6 - 2004


Ricostruzione di Radio Fox Hole fatta dal Sig. Renzo Casagrande.



Per contattarci, cliccate qui Grazie.



© 1995-2012 by Comitato Guglielmo Marconi


The material on this page are the responsibility of its author