Comitato Guglielmo Marconi International
Fondato nel 1995

L'anniversario della spedizione di Biagi

Comune di Medicina - Settembre 2003


Giuseppe Biagi


E' stato pubblicato nel settembre 2002 un libro, con il titolo:

GIUSEPPE BIAGI
Eroe dimenticato

Irene Rosa Colizzi - Union Cards Edizioni, 304 p., 15,00 euro.

RICORDANDO BIAGI

Forse ad alcuni il nome di Giuseppe Biagi sul momento non dirà niente, ma ai più verranno subito in mente le pagine eroiche scritte sul gelido pack artico dalla spedizione italiana guidata dal Generale Nobile.
Occorre una breve premessa esplicativa: negli anni '20 il nostro paese era all'avanguardia nel settore dell'aviazione e in particolare nei dirigibili; così spinti da sete di conoscenza e da spirito patriottico, consono al regime fascista dell'epoca, si approntò una spedizione che doveva esplorare il Polo Nord. Purtroppo il 25 maggio 1928 il dirigibile Italia si schiantò al suolo e sola la perizia e la tenacia di un radiotelegrafista come il medicinese Biagi poté salvare le vite di tutti i superstiti dopo 48 giorni di tremende privazioni sotto la mitica "tenda rossa". Questi fatti ebbero un'eco enorme in tutto il mondo e Biagi al suo ritorno in patria - e in particolare a Medicina il 19 agosto del '28 - fu accolto da eroe.

Ma chi era questo illustre medicinese passato alla storia? Risulta estremamente interessante conoscere la sua biografia trattata in varie pubblicazioni conservate presso la Biblioteca Comunale, ma qui citeremo solo i fatti salienti: Biagi nasce a Medicina il 2 febbraio 1897, figlio di un fattore; ben presto, però, la sua indole avventurosa gli fa lasciare la casa paterna per la sua grande passione: il mare. Si arruola così in Marina e qui diventa radiotelegrafista, scoprendo l'altra sua grande passione: la radio.
Da qui parte il filo rosso che abbiamo voluto rintracciare nella mostra a lui dedicata che lega Biagi a Guglielmo Marconi, cioè mette in relazione il grandissimo scienziato bolognese, inventore del mezzo radiofonico con il fertilissimo ambiente tecnico-scientifico bolognese, capace di far emergere grandi personalità e grandi aziende nel settore (la stessa Ducati, ad esempio, in origine produceva radio non moto).
Oggi, in occasione del 75° anniversario della spedizione del dirigile Italia, durante la prossima Festa d'autunno, l' Amministrazione Comunale ha pensato di rendere omaggio a questa importante figura con una mostra intitolata "Biagi e la radio dei ghiacci" (24 ottobre - 2 novembre 2003), inoltre è previsto un incontro con Nerio Neri, curatore della mostra e segretario A.I.R.E. (Associazione Italiana Radio d' Epoca), un rappresentante della Fondazione "G. Marconi", Stelio Montebugnoli direttore del Radiotelescopio e Italia Biagi (figlia di Giuseppe), a cui verrà consegnata una onorificenza dal Sindaco Nara Rebecchi.

La mostra avrà quindi un duplice significato: ricordare la figura di Biagi nella spedizione polare e mostrare per la prima volta a Medicina i rarissimi apparecchi radio da lui costruiti, dove è facile individuare l'influenza esercitata dal grande Guglielmo Marconi.
Sono passati molti anni da allora, ma il fascino di quell'evento dura ancora, anche grazie ad alcuni particolari inspiegabili: come poterono resistere 48 giorni dentro una semplice tenda con un'attrezzatura e un abbigliamento che all'epoca certo non era in goretex? Come hanno potuto reggere a quelle temperature le batterie della radio di Biagi?
E infine una curiosità, riportata nel libro di Irene Rosa Colizzi ("Giuseppe Biagi: eroe dimenticato", Union Cards edizioni, 2002). Sul gelido ghiaccio artico, allo stremo delle forze, pochi giorni prima di essere salvati, Biagi oltre ai viveri riceve dal cielo da un aereo di soccorso anche la posta arretrata, tra questa anche un'ingiunzione di pagamento per la tassa sul cane spedita dal Comune di Medicina! La sua risposta fu "gelida": "Venga pure l'usciere qui e io pagherò".

IL TRASMETTITORE “ONDINA” CHE SALVO’ LA SPEDIZIONE NOBILE

Sopra: foto dell’ufficiale di marina, Marconista Giuseppe Biagi, che con il trasmettitore “Ondina” salvò i superstiti della sfortunata spedizione Nobile precipitata al Polo. Le foto provengono dal libro “Biagi racconta” edito da Mondatori nel 1929.
Il valoroso Biagi dimenticato dalla nostra nazione finì i suoi giorni facendo Il “benzinaio” in una Stazione di rifornimento sulla via Ostiense a Roma.



Giuseppe Biagi
Roma: gennaio 1960

(nato a Medicina BO il 2 febbraio 1897 e deceduto a Roma il 1° novembre 1965)


I giornali di tutta Italia diedero, il 2 novembre 1965, la notizia della morte di Giuseppe Biagi, il valoroso marconista che visse la tragica avventura della spedizione del dirigibile « Italia » al Polo Nord nel 1928.
« Baciccia », come lo chiamavano gli amici, aveva 68 anni e dal dopoguerra fino a poco prima di morire era addetto ad una stazione di rifornimento benzina alla periferia di Roma.
Qualche settimanale illustrato, infatti, pubblicò delle fotografie dove si vedeva l'eroe della banchisa polare fare il pieno alle macchine dei gitanti domenicali sulla via Ostiense. E’ meglio non indagare, se non altro per carità di patria, dei motivi per i quali il valoroso ufficiale marconista Biagi, dopo aver indossata con onore la divisa della gloriosa Marina italiana sia stato costretto, per mantenere la famiglia, a fare il benzinaio vestendo la tuta ed il berretto a visiera con il fregio della petrolifera conchiglia. Una Patria matrigna e dalla memoria corta che meriterebbe ben altre considerazioni, noi radioamatori ricordiamo Biagi come il marconista che salvò i resti della spedizione Nobile utilizzando un primitivo ricetrasmettitore “Ondina” frutto della più grande invenzione della storia, quella della radio di Guglielmo Marconi.


Conclusioni

In tutte le fasi della spedizione dell’Italia al Polo Nord la radio rivestì costantemente un ruolo fondamentale: svolse una molteplicità di compiti primari durante la navigazione (trasmissione di coordinate e ricezione di bollettini del tempo) e nella ricerca tecnico-scientifica (collegamento dalla verticale del Polo) e, soprattutto, consentì il salvataggio dei superstiti del disastro, prima rendendo possibile la scoperta del pack sul quale si trovavano i naufraghi, e poi guidando diligentemente i soccorsi sino al loro recupero. Protagonista assieme alla radio di tutte queste operazioni fu indubbiamente Giuseppe Biagi, del quale tutti i compagni ricordarono nelle loro memorie il carattere allegro e generoso, da buon bolognese sanguigno e infaticabile, che durante le tempeste sul pack ingiuriava il vento «ignorante», cambiava le fasciature al Generale, descriveva i pranzi succulenti che avrebbe servito in una locanda che progettava di aprire una volta rimpatriato, e che dal Krassin comunicava informazioni riservate al capitano Baccarani in dialetto bolognese. Quando rientrò in Patria, Biagi ebbe la soddisfazione di vedere la bambina nata durante la sua lontananza, e alla quale aveva telegrafato di mettere il nome Italia; fu invitato da Guglielmo Marconi a bordo della nave Elettra a Viareggio; rilasciò interviste; ebbe l’onore di qualche copertina e di un busto a opera dello scultore Mario Sarto.

La prima istituzione a tributargli pubblici riconoscimenti fu l’Associazione dei Radioamatori Italiani, che nel Congresso nazionale a Torino il 23 settembre 1928 gli offrì una medaglia d’oro coniata appositamente, e nel corso dei decenni successivi non lo dimenticò mai, onorandone tenacemente la memoria quale simbolo di tutti i radiotelegrafisti sacrificatisi per la salvezza dei propri compagni, e al tempo stesso come luminosa espressione di quei valori di fratellanza e amicizia che l’invenzione marconiana racchiude. Alla sua morte, avvenuta nel novembre 1965 dopo alcuni anni trascorsi in penose ristrettezze economiche, tra i tanti articoli che ne ricordavano l’eroismo ve ne fu uno dell’ammiraglio Viglieri, il quale si meravigliava di come Biagi non avesse avuto i riconoscimenti dovuti, e che erano stati invece concessi ad altri «che non avevano certo fatto più di lui il proprio dovere».


LA TRAGEDIA DEL DIRIGIBILE ITALIA E L'OPERA DI BIAGI .


La spedizione dell’Italia accuratamente preparata e organizzata da Umberto Nobile ebbe luogo nella primavera del 1928.
Dalla Baia del Re, nelle Spitzbergen, furono condotte esplorazioni nella zona polare percorrendo più di 7300 chilometri. Il 25 maggio, al ritorno dal Polo, dopo aver lottato ventisette ore contro il vento, il ghiaccio, la neve e quando non mancavano che due o tre ore di navigazione l’Italia, forse divenuto pesante a causa del ghiaccio, si schiantò sul pack artico ad un centinaio di chilometri a settentrione della Terra di Nord-Est. Nove uomini si ritrovarono più o meno feriti sparsi sul ghiaccio; altri 6 scomparvero a bordo dell’aeronave che si era risollevata in volo; il sedicesimo compagno di spedizione rimase ucciso nell’urto.
Fortunatamente si poté raccogliere sul pack molta attrezzatura utile per la sopravvivenza (la tenda “rossa”, la pistola per procurarsi il cibo, sestante e cronometro per rilevare la posizione e soprattutto un piccolo apparecchio radiotelegrafico ad accumulatori) . Fra i sopravvissuti c’era il radiotelegrafista Giuseppe Biagi che riuscì subito a mettere in funzione il ricevitore, ma gli fu necessario parecchio tempo per riparare il trasmettitore.
Il 26 maggio Biagi invia le prime richieste di soccorso. Biagi scelse di utilizzare la frequenza più elevata (9 MHz pari a λ =33 metri), data anche la piccola antenna verticale di fortuna, sperando di poter farsi ascoltare il più lontano possibile .
Biagi ascoltava benissimo la stazione di Roma San Paolo (IDO) sui 9 MHz ed era costantemente informato delle notizie dal mondo. Riteneva che trasmettendo il segnale di soccorso molto vicino a questa stazione qualcuno, presto o tardi, avrebbe captato i suoi segnali.
La nave appoggio Città di Milano, distante poco più di 200 km, alle isole Spitzbergen, non sentiva la chiamata di soccorso. Le chiamate con la piccola stazione da campo “Ondina 33” continuarono per vari giorni senza successo.
La piccola “cassetta di Biagi” conteneva un piccolo trasmettitore da campo progettato e costruito presso l’Officina dell’Arsenale a La Spezia sotto la direzione di del pioniere della radio Dott. Giulio Salom (I1MT). Fu Marconi stesso che consigliò Umberto Nobile di portarsi dietro nella spedizione polare tale apparato, che, sino al giorno del disastro sul pack venne usato come seggiolino nella ristretta cabina dell’Italia. L’apparecchio comprendeva un oscillatore Hartley impiegante una valvola Philips TB 04-10 e copriva la banda onde corte 30 ÷ 55 metri. L’alimentazione era a batteria di accumulatori e l’anodica ( 500 V ) era ottenuta con convertitore di tensione a vibratore.
La potenza di ingresso era di circa 40 W (con batterie cariche !) . Le dimensioni erano 55 x 22 x 25 cm con un peso di circa 12 kg .
Le onde corte che, con la caratteristica “zona morta” dovuta alla riflessione ionosferica, non avevano permesso il collegamento con la vicina nave appoggio Città di Milano, consentirono di far giungere la richiesta di soccorso ad un migliaio di chilometri di distanza dove un radioamatore russo con mezzi dilettantistici e tanta passione era in ascolto.
Nicolaj Schmidt radioamatore russo del villaggio di Vochma vicino la cittą di VOZNESENYE nella provincia di Arcangelo, la sera del 2 giugno intercettò un frammento di messaggio dal quale risultava che i naufraghi dell’Italia erano ancora vivi: SOS ITALIA NOBILE…
L’appello trasmesso in italiano, francese, inglese recitava: “SOS Italia. Nobile. Sui ghiacci presso l’isola Foyn, nord est Spitzbergen, latitudine 80 gradi 37 primi, longitudine 26 gradi 50 primi, est di Greenwich. Impossibile muoversi mancando di slitte e avendo due feriti. Dirigibile perduto in altra località. Rispondere via IDO 32
Il giovane Nicolaj era nato 22 anni prima a Kiev, figlio di un insegnante e con una buona base di studi secondari. Nella tarda sera del 2 giugno, su 9 MHz, Nicolaj Schmidt captava il messaggio di Biagi. Capisce l’importanza dell’evento, ma tra i suoi compaesani increduli ha difficoltà a diffondere la notizia tanto che deve ricorrere al suo amico Smirnov, persona influente, ma che abitava a 35 km di distanza, per poter inviare un telegramma a Mosca alla Società Amici della Radio.
Finalmente la notizia, per via diplomatica, giunge a Roma e una sera fra i comunicati della stazione Roma San Paolo (IDO) venne data la notizia: “Un radioamatore russo afferma di avere ricevuto il SOS dei naufraghi”.
Biagi che, come al solito, era in ascolto di Roma (IDO) ad un tratto esclamò: ”Ci hanno intesi”. La Città di Milano immediatamente avvertita intensificò gli ascolti, si provvide a fare diminuire le interferenze di una vicina stazione norvegese che in quella situazione aveva notevolmente intensificato la sua attività, e finalmente la mattina del 7 giugno, con l’avvicinarsi della nave alla tenda rossa, venne stabilito un contatto con i naufraghi.
Se si osserva l’epoca del ciclo undecennale delle macchie solari si trova che nell’estate del 1928 si era ancora vicini al massimo di attività. Con un numero di macchie medio di circa 70 è facile, oggi, calcolare come la frequenza critica verticale via F2 ionosferico fosse dell’ordine di 3 ÷ 4 MHz. La Massima Frequenza Usabile (M.U.F.) aumenta se diminuisce l’angolo di incidenza sullo strato ionosferico. Ci si accorge, però, che per un salto di circa 200 km (distanza della tenda rossa da King’s Bay, dove si trovava inizialmente la Città di Milano) la M.U.F. aumenta solo sino a 5 ÷ 6 MHz. I segnali di Biagi a 9 MHz non sono riflessi dallo strato ionosferico con l’alto angolo di incidenza richiesto per poter raggiungere la nave soccorso, ma “forano” la ionosfera e si perdono nello spazio.
Se consideriamo, invece, l’angolo di incidenza dello strato F2 per un salto di circa 1800 km (distanza da Arcangelo, Russia) si trova che la M.U.F. sale ad oltre 10 MHz permettendo, quindi, la riflessione verso Terra dei segnali di Biagi a 9 MHz e la ricezione a 1800 km di distanza.
Non è difficile pensare, quindi, che i radiotelegrafisti della Città di Milano non furono colpevoli di negligenza (come è stato scritto all’epoca ); ci fu solo la sfortuna di non essere posizionati abbastanza vicino perché ci potesse essere il collegamento per onda diretta e nemmeno sufficientemente lontani perché potesse agire la riflessione ionosferica.
La collaborazione internazionale, nonostante le difficoltà e i numerosi incidenti (perse la vita il leggendario esploratore norvegese Amundsen), portò al salvataggio dei naufraghi da parte del rompighiaccio sovietico Krassin; l'Ondina 33 venne caricata a bordo ed è attualmente conservata al MuseoTecnico Navale della Spezia. Biagi è morto a Roma il 1/11/1965.


Giuseppe Biagi, O.M. emerito dell'A.R.I.


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