Giuseppe
Biagi ed i radioamatori di D.Briani - I1CN (da Radio Rivista
Gennaio 1966)
« Ai soci della A.R.I., pionieri delle
onde corte » Giuseppe Biagi (Settembre 1928)
I giornali di tutta Italia diedero, il
2 novembre 1965 , la notizia della morte di Giuseppe Biagi,
il valoroso marconista che visse la tragica avventura della spedizione
del dirigibile « Italia » al Polo Nord nel 1928.
« Baciccia », come lo chiamavano gli amici, aveva 68 anni
e dal dopoguerra fino a qualche tempo fa era addetto ad una stazione di
rifornimento benzina alla periferia di Roma.
Qualche settimanale illustrato, infatti, ha riprodotto delle fotografie
dove si vede l'eroe della banchisa polare fare il pieno alle macchine
dei gitanti domenicali sulla via Ostiense. Noi non vogliamo indagare,
se non altro per carità di patria, del perché e del percome
l'ufficiale marconista Biagi, dopo aver indossata con onore la divisa
della gloriosa Marina italiana sia stato costretto, per mantenere
la famiglia, a fare il benzinaio vestendo la tuta ed il berretto a visiera
con il fregio della petrolifera conchiglia. No, noi radioamatori - non
usi ad imbastire processi sulle patrie irriconoscenze - non vogliamo indagare,
ma ricordiamo Biagi con l'immagine della fotografia che a suo tempo dedicò
ai radioamatori dell'A.R.I. e riconoscenti ci inchiniamo alla sua memoria.
Per i più giovani lettori di Radio
Rivista rievochiamo, poi, una pagina di storia che con Giuseppe Biagi
onora l'Italia, la solidarietà umana tra i popoli ed il radiantismo.
Il 24 maggio 1928, l'aeronave «
Italia » in missione scientifica sulla calotta polare, comunicò
alla nave appoggio « Città di Milano » ( IGJ )
di aver sorvolato il Polo Nord alle
ore 2.20, lasciandovi cadere la bandiera tricolore e di avere,
quindi, virato per rientrare alla base. Il giorno successivo, dopo aver
percorso un buon tratto sulla via del ritorno, alle 10.27
trasmise ancora un messaggio e fu l'ultimo poiché incontrò una tempesta
e, sul mare non molto lontano dall'Isola Foyn, a
Nord Est delle Spitzbergen, successe la tragedia. Il dirigibile,
che aveva una cubatura di 18.500 metri cubi, si appesantì all'improvviso
e nulla valse per ridargli quota: seguì un urto tremendo contro i banchi
di ghiaccio ed il corpo cabinato principale, avente a bordo dieci membri
dell'equipaggio, si staccò e si sfasciò lungo un tratto di banchisa, mentre
gli altri sei aeronauti, rimasti nelle cabine interne dell'aeromobile,
scomparvero per sempre con l'involucro portante che, alleggerito, fu trascinato
lontano dalla bufera. In un primo tempo i naufraghi - fra i quali il marconista
Biagi - non si persero di coraggio, raccolsero i materiali
recuperabili e si organizzarono per resistere al massimo, sia gli incolumi
che i feriti, contro le inesorabili conseguenze della disavventura. Perdurando
il silenzio della radiostazione del dirigibile «Italia»,
la sciagura fu immediatamente intuita e in ausilio alla radio della «
Città di Milano », tutti i centri emittenti europei e le navi
viaggianti sulle rotte del Nord Atlantico diminuirono le trasmissioni
intensificando l'ascolto.
Biagi si preoccupò immediatamente
di mettere in funzione la piccola stazione campale - prevista per l'emergenza
- e rizzò un'antenna con mezzi di fortuna ma, nonostante gli sforzi, riuscì
solo a ricevere. Infatti, mentre le sue angosciate chiamate S.O.S.
rimanevano senza risposta, i naufraghi della «
tenda rossa » poterono seguire, attraverso i bollettini diramati
in tutto il mondo, l'annuncio della sciagura polare e le notizie dell'affannosa
opera di ricerca. Biagi intensificò
le trasmissioni, ma nessuna stazione gli diede risposta. La resistenza
fisica e morale dei prigionieri del « pack »alla deriva fu messa a dura
prova e l'esasperazione spinse una parte del gruppo a tentare il raggiungimento
della base con una marcia a piedi. Biagi,
sollecitato dai partenti in quest'impresa disperata, che in quei giorni
pareva l'unica possibilità di salvezza, fu combattuto da opposti sentimenti,
ma alla fine rifiutò di abbandonare i feriti e la stazione radio.
Questo fu l'episodio - non dimentichiamolo - che ingigantì
la figura morale del marconista Biagi.
Le chiamate e l'ascolto con la piccola stazione da campo continuarono
senza successo.
La disperazione stava per travolgere i naufraghi quando il
3 giugno Biagi riuscì a captare la stazione radio
IDO, Roma - San Paolo, annunciante che un
radioamatore russo era riuscito ad intercettare le chiamate
dei superstiti del dirigibile « Italia »,
risvegliando l'attenzione dei radiotelegrafisti della «
Città di Milano » ed agevolando con i dati forniti, la sintonia
sulla debole stazione prigioniera dei ghiacci.
Questa notizia servì a rincuorare temporaneamente i naufraghi e Biagi
ripeté i disperati appelli completandoli con le coordinate di posizione,
li ripeté giorno e notte finché IGJ
non gli rispose: « Italia RR OK... ».
Ma le sofferenze degli aeronauti non finirono poiché l'opera di soccorso
fu difficile e lenta.
La fortunosa vicenda, vissuta fra inenarrabili patimenti alla rigida temperatura
polare, terminò dopo 48 giorni, quando
il 12 Luglio otto superstiti, avvistati
da nostri aerei, furono raccolti dalla nave rompighiaccio russa « Krassin » .
Nell'opera di soccorso si distinsero anche i paesi baltici ed il valoroso
esploratore polare Amundsen che, coll'intento
generoso di portare un sollecito aiuto agli amici italiani feriti, volò
a lungo alla loro ricerca sopra la banchisa e si perse per sempre nell'immensa
distesa bianca. Dopo l'avventura nell'Artico, lo stesso anno, Giuseppe
Biagi riprese il suo posto nei ranghi della Marina, dove, con
una meritata carriera, prestò lungo ed onorevole servizio.
Partecipò alle operazioni militari della seconda guerra mondiale in qualità
di comandante la stazione radiotelegrafica di Mogadiscio nella Somalia
italiana. Caduta Mogadiscio, Biagi
fu preso prigioniero dagli inglesi nel 1941 e trasferito in un campo di
concentramento in India. Qui, tra i reticolati di filo spinato, nonostante
la rigida sorveglianza delle guardie, Biagi
riuscì miracolosamente a costruire con i più disparati componenti e mezzi,
un piccolo radioricevitore: un vero apparecchio di fortuna che permise
a lui ed ai suoi compagni di prigionia di captare le voci della patria
lontana. Dalla documentazione varia, di cui disponiamo, rileviamo che
la nostra Associazione fu - con orgoglio - il primo ente che pubblicamente
riconobbe i meriti di Giuseppe Biagi
al suo rientro dall'impresa artica.
L'A.R.I., infatti, nel corso dei lavori
del suo II Congresso Nazionale in Torino, il
23 Settembre 1928 consegnò al valoroso marconista una medaglia
d'oro appositamente coniata.
Riportiamo alcuni brani del memorabile discorso che, nell'occasione, pronunciò
I1NO (Ing. Franco Marietti), a quell'epoca consigliere del nostro Sodalizio.
" Biagi, attore di un dramma,
ascolta da spettatore i discorsi del mondo che passano da stazione a stazione,
tra le navi e le coste, da città a città , da continente a continente.
Nella sua cuffia si sentono i notiziari di stampa, le ipotesi più differenti
sulla caduta, le musiche ed i concerti, gli affari degli altri e le voci
degli altri. Biagi cerca di inserire
anche la sua voce in tutte quelle voci, ma la sua voce è troppo debole
e nessuno lo sente.
Un giorno anche quest'ultimo filo di voce sarebbe sparito. Gli eroi senza
vittoria avrebbero ascoltato le navi e gli aeroplani ritornare ai loro
paesi, dopo le vane ricerche che li avevano sfiorati, mentre l'eterno
silenzio della gelida notte polare li avrebbe a poco a poco coperti.
è il 2 Giugno di sera. In una stanzetta
buia, laggiù nella Russia del Nord,
un giovane è chino sopra delle strane scatolette. Egli se le è costruite
da se stesso. Le pareti della stanza sono ricoperte di cartoline da tutto
il mondo e la stanzetta è piena di fili. Il giovane ha terminato il lavoro
quotidiano ed ora è accanto alle sue scatolette, passione e diletto delle
sue ore di svago. Ascolta anch'esso il brusio del mondo, il favoloso colloquio
che passa da antenna ad antenna. Egli cerca qualche segnale debole debole,
che venga molto da lontano, da un altro giovane in un'altra stanzetta
buia, per poter intrecciare con esso i propri segnali, avere una nuova
lontana cartolina da unire al trofeo sul muro.
Cosa sono questi segnali così deboli da essere quasi indecifrabili? Vengono
certo di lontano. Ecco: "Italia...S.O.S...SOS...".
Il miracolo è compiuto. Biagi avrà
la sua risposta.
è oggi ben certo che gli otto uomini che si sono salvati dalla tragedia
devono la loro vita a Biagi. A Biagi
che, se i compagni fossero stati ad uno ad uno salvati, avrebbe forse
dovuto restare ultimo e solo sul ghiaccio per indicare ancora una volta
la strada ai velivoli. è questa la tragedia ed il prodigio che ci ha restituito
otto superstiti. Ma noi vogliamo ricordare altre luci di eroismo, l'infinita
schiera dei radiotelegrafisti che nella marina sono affondati
insieme alla loro nave, vedendo a poco l'acqua salire intorno, ma restando
fermi al loro posto ad assicurare la salvezza degli altri.
Il radiotelegrafista Biagi ci rappresenta
qui anche la coorte di questi eroi che
nell'ora più tragica, quando la vita li chiama vicina, di fronte alla
vita chiudono la porta della cabina, e nella cabina insieme alla morte
si chiudono perché questa sia tutta per loro e non tocchi gli altri. Noi
nell'eroe ritornato onoriamo anche tutti i suoi compagni del mare che
non ritorneranno mai più.
L'Associazione Radiotecnica Italiana,
convenuta a congresso a Torino, è lieta e fiera di offrire una medaglia
d'oro a Giuseppe Biagi, " eroe della radio e del polo ".
Ricordiamo ancora.
Quando trentasette anni fa il radioamatore russo
Nicolaj Schmidt, di Vochma vicino la cittą di VOZNESENYE nella provincia di
Arcangelo,
fece sapere attraverso l'agenzia d'informazioni del suo paese di aver
intercettato un messaggio di soccorso dei superstiti del dirigibile
« Italia » e di aver fatto si che la notizia fosse immediatamente
trasmessa alla radiostazione d'appoggio IGJ,
una ondata di commozione si propagò fra tutte le genti ed ancora una volta
si levarono inni di gratitudine all'indirizzo dei pionieri della telegrafia
senza fili.
In quasi tutti i paesi, poi, l'attenzione del pubblico meno edotto, ma
avido di letture, si polarizzò sulla figura e sull'attività del radiofilo
in genere e del radioamatore di trasmissione in particolare: del radiodilettantismo
si voleva conoscere qualche cosa di più e così vennero pubblicati ampi
servizi informativi su questo "passatempo" straordinario e fascinoso.
In quest'occasione si poté sapere che, mentre qui da noi (anno 1928) il
radiantismo non era più ufficialmente permesso, ma tollerato, gli Stati
Uniti già altamente apprezzavano i radiodilettanti tanto da favorirne
l'inquadramento in speciali corpi al servizio dello stato, sia per la
difesa civile che per qualunque altra evenienza.
Fu detto anche che i radioamatori operavano sulle onde corte, ossia nella
gamma delle più alte frequenze dello spettro marconiano allora praticamente
impiegato e che furono proprio i radioamatori a valorizzare le cosiddette
« ondine », bande a loro assegnate unicamente perché - anni addietro -
le amministrazioni dei vari governi le avevano ritenute inutilizzabili.
La riprova del successo dei radioamatori stava nel salvataggio di quei
giorni: le onde corte avevano permesso ai naufraghi della «
tenda rossa » di far giungere le invocazioni di soccorso e
di mantenere il contatto con la nave-base a centinaia di chilometri di
distanza impiegando un'esigua potenza.
Ma i meriti del radiodilettantismo - con particolare riferimento a quello
italiano - non sono soltanto questi.
La famosa « cassetta di Biagi », il
trasmettitore da campo usato sulla banchisa, fu progettato e costruito
sotto la direzione di I1MT - il noto pioniere delle onde corte Dott. Giulio
Salom di Venezia - presso l'Officina dell'Arsenale a La Spezia.
L'apparecchio consisteva di un circuito Hartley impiegante una valvola
Philips TB 04-10 e poteva coprire la gamma da 30 a 55 metri. L'alimentazione
anodica, di circa 500 V, era ottenuta a mezzo vibratore e di trasformatore
elevatore connessi alla stessa batteria d'accumulatori che serviva per
l'accensione. Il trasmettitore, che in funzione assorbiva
complessivamente poco meno di 40 W, era contenuto in una cassetta delle
dimensioni di 55 x 22 x 25 cm ed il suo peso era di 12 kg.
Se sorte o ventura non avesse designato I1MT ad essere uno degli indiretti
protagonisti del radio-salvataggio dei superstiti della spedizione artica,
con assoluta certezza al suo posto di artefice vi sarebbe stato un altro
radioamatore: in Italia, nel 1928, i valenti tecnici e gli esperti delle
onde corte erano soltanto i radioamatori e per la nostra storia di OM,
la «cassetta di Biagi» poteva essere stata costruita, indifferentemente,
da I1GN (Ing. Gnesutta), I1FP (Dott. Pugliese), I1ACD (Cavalieri Ducati),
I1RG (Ing. Montù), I1AS (Dott. Pozzi), I1AY (Fontana), I1NO (Ing. Marietti)
e molti altri ancora.
Un ultimo ricordo conclude la nostra rievocazione.
Chi di noi oggi ha cinquant'anni o poco più non faticherà a rammentare
che fu proprio la patetica avventura polare del marconista Giuseppe
Biagi a destare la nostra curiosità di ragazzi sugli arcani
della telegrafia senza fili ed a dischiuderci quel meraviglioso mondo
della radio e del radiantismo che poi ci ha interamente conquistati.
Anche per questo alla memoria della « Voce della
tenda rossa ». voce che si è spenta per sempre, vada la nostra
commossa e sincera gratitudine.
|
Da
Radio Rivista del Giugno 1988:
Il salvataggio di parte
dei superstiti della spedizione del dirigibile "Italia" si deve
soprattutto alla Radio, ed i Radioamatori ebbero una parte preminente
in questa brillante pagina di storia.
II primo a ricevere i segnali
di soccorso, quando ormai tutte le speranze erano perdute, fu l'SWL russo
Nicolaj Schmidt.
"...fu così: per dodici giorni di seguito, nessuno della nave
appoggio "Città di Milano" ricevette i nostri SOS, finché
non dette l'allarme il dilettante russo Schmidt. E' questo un nome da
ben ricordare perché si deve a costui se metà dei membri
della mia spedizione poté essere salvata".
Così scriveva Umberto Nobile nel libro "L'Italia al Polo Nord"
(Mondadori - 1929).
L'apparato d'emergenza "Ondina" era, infatti, un progetto di
Giulio Salom, oggi IOACL, Presidente Onorario dell'A.R.I.
Il sottufficiale di marina marconista
della "Tenda rossa" era amico, estimatore ed allievo di Adriano
C.Ducati I1ACD, fondatore della omonima industria bolognese, che prima
della partenza per la spedizione diede al concittadino Giuseppe Biagi
utili notizie sulla propagazione delle "onde corte".
Faceva parte del programma scientifico anche una sosta sul Polo, con discesa
sul pack di alcuni studiosi stranieri che avrebbero dovuto accamparsi
utilizzando una tenda e quanto necessario alla sopravvivenza. La maestosa
aeronave lasciava Kings Bay nell'isola Spitsbergen (arcipelago delle Svalbard)
il 23 maggio, puntando verso il Polo.
Biagi era in costante collegamento, mediante una stazione ad onda lunga,
con la nave appoggio "Città di Milano" ormeggiata presso
l'allora esistente villaggio di Ny à lesund, oggi deserto, essendo
cessata ogni attività mineraria.
Il Polo veniva raggiunto il 24 maggio, ma le avverse condizioni atmosferiche
fecero rinunciare al programma di osservazioni sul pack: perciò
fu subito intrapreso il viaggio di ritorno verso Ny à lesund, mentre
il vento da sud, carico d'umidità , causava formazioni di ghiaccio
molto estese sulla struttura. Dopo ventuno ore di lotta contro la bufera,
l'aeronave appesantita urtava la banchisa e vi lasciava la cabina di comando
fracassata, mentre circa metà del personale veniva portato via
dal dirigibile che, alleggerito, riprendeva quota.
Nove persone, di cui cinque ferite, si ritrovarono vive sul pack; Biagi
riprendendo i sensi s'avvide di stringere fra le braccia un tesoro: l'Ondina-S,
apparato d'emergenza, fino ad allora adoperato come sedile nella cabina.
Fra i rottami si trovavano i viveri e la tenda preparati per le osservazioni
scientifiche, nonché una batteria di pile.
Tre ore dopo la catastrofe, al 55 minuto prima dell'ora, Biagi era già
pronto all'ascolto e potè sentire i concitati appelli della nave
appoggio, ma il trasmettitore aveva bisogno di riparazioni.
Il 26 maggio i primi SOS: delle due frequenze di riserva - 6,4 MHz (47
m) e 9 MHz (33 m) - scelse la seconda, nell'intento di arrivare il più
lontano possibile col minor assorbimento da parte della cappa polare:
egli infatti disponeva di 5 W e di una modesta antenna, sostenuta da un
solo supporto, una struttura tubolare estratta dall'ossatura della cabina
infranta.
Biagi ascoltava, peraltro benissimo, la stazione della Marina di Roma
San Paolo (IDO) sui 9 MHz, era quindi convinto che stando vicino ad essa,
negli intervalli, qualcuno avrebbe captato i suoi segnali.
Passarono invece lunghi giorni: la batteria cominciava a dare segni di
stanchezza, ma il ricevitore "Burndept" aveva una buona scorta
di pile, così Biagi seguiva per molte ore "IDO" ed aveva
notizie dal mondo.
La sera del 4 giugno, fra i comunicati stampa di "IDO" una vaga
notizia:
"Un radiodilettante russo afferma di avere ricevuto il SOS dei naufraghi".
L'entusiasmo dei superstiti si doveva però raffreddare ben presto:
la nave appoggio, distante poco più di 200 km, non dava segni d'aver
ricevuto nulla.
Finalmente il 7 giugno "IDO" trasmetteva: "Italia-Biagi-Città
di Milano ricevuto vostra posizione - trasmetti tuo numero di matricola".
Dopo il messaggio con il "riconoscimento". le comunicazioni
con la nave appoggio diventano regolari e arrivano i soccorsi per via
aerea; il 13 luglio il rompighiaccio russo « Krassin » ricuperava
due superstiti d'una pattuglia di disperati che aveva invano cercato di
raggiungere le Svalbard a piedi.
Il giorno dopo erano finalmente salvati i naufraghi della "Tenda
rossa" a cui si era aggiunto, ospite involontario, un pilota svedese,
Lundborg, che nel giugno aveva tentato di portare via, uno alla volta,
i membri del gruppo con un piccolo biplano.
Non sono mai stati chiariti i motivi per cui la nave appoggio tardò
tanto a stabilire il collegamento, però un motivo sorprendente
che ritardò l'inizio delle operazioni di soccorso, finché
Schmidt non fece la sua intercettazione casuale, emerge dai risultati
della Commissione d'inchiesta:
"La Marina non divulgò le frequenze di riserva della spedizione,
perché secondo le norme le frequenze dei militari sono segrete"!
Tutto il mondo parlò di uno sconosciuto
Nell'autunno del 1928 al Bolshoj di Mosca, durante una conferenza dedicata
all'impresa del dirigibile ed alla parte avuta dal « Krassin »
nel salvataggio dei superstiti, l'ambasciatore italiano donava un orologio
d'oro con dedica a Schmidt.
Nicolaj Schmidt nel ricordo di Smirnov
Mihail Smirnov, oggi ingegnere in pensione, che si è dedicato alla
radio come professionista in seguito alla lunga amicizia con lo Schmidt,
dà un quadro molto vivace, franco e sincero dei fatti di quel tempo.
Egli, intanto, tiene a sottolineare che Nicolaj non era un campagnolo,
né un adolescente, essendo nato nel 1906 a Kijev. Era un
giovane di città , con una buona base di studi secondari, figlio
di un insegnante, vissuto prevalentemente a Vladivostok.
Vi fu un trasferimento a Novgorod e colà , diciottenne, costruì
il suo primo ricevitore a reazione: qui iniziò l'amicizia con Smirnov,
di due anni più giovane di lui, che ben presto doveva rappresentare
un suo sostegno.
Quando Nicolaj rimase orfano, la famiglia di Smirnov venne in suo aiuto,
gli trovò una sistemazione a Vochma, distretto rurale non lontano
da Arcangelo, con lavoro, seppure precario, come operatore nel cinema
locale. Il destino portò così in campagna il giovane Nicolaj,
che restò a Vochma oltre due anni. Frattanto, ricorrendo a mille
espedienti, Schmidt si procurava due tubi e certi componenti indispensabili
per costruire un ricevitore reflex descritto da una rivista tedesca. A
Vochma, Nicolaj perfezionava la sua conoscenza del morse, traducendo ad
orecchio le battute della macchinetta presso il locale ufficio telegrafico;
aveva anche costituito un piccolo club dove insegnava i rudimenti della
radio a ragazzi del luogo: si dava da fare in tante maniere ed era ben
voluto da tutti. Era, invero, considerato un po' strambo, mentre per Smirnov
aveva un carattere che ricordava la figura di Rudnev nel racconto di Turghenev:
"talora volitivo, talaltra abulico al punto di sembrare svanito,
più sognatore che preoccupato delle cose concrete".
L'evento, che doveva cambiare la sua vita e quella dell'amico, ebbe luogo
il 2 giugno 1928: a tarda sera, su 9 MHz, Nicolaj captava distintamente
un messaggio di Biagi.
I paesani erano increduli, così Schmidt inviava un telegramma a
Smirnov, che abitava a 35 chilometri, per chiedere consiglio.
L'amico arrivò al mattino presto, ed altri messaggi di Biagi furono
intercettati: Smirnov, ormai convinto che si trattasse degli italiani
dispersi, suggerì di spedire un telegramma a Mosca alla "Società
degli amici della radio".
Ovviamente, il telegrafista rifiutò d'inoltrare il messaggio, ma
Smirnov, la cui famiglia doveva avere un qualche ascendente sui "locali",
riuscì ad interessare un notabile del paese che arrivò fino
al capo delle poste della zona per ottenere l'autorizzazione!
A Mosca, fortunatamente, ci fu qualcuno che prese sul serio l'informazione
e, dopo richieste di dettagli e conferme, venne interessata l'ambasciata
italiana: il 4 sera, Roma era in grado di diffondere la strabiliante notizia.
Tre mesi dopo, i due amici venivano assunti presso un centro governativo
per le comunicazioni ad onde corte a Taskent nel Sud, non lontano da Samarcanda
e dai confini dell'Afghanistan.
Lavorarono insieme in quel centro sperimentale fino al 1933, poi Smirnov
passava a Tbilisi in Georgia.
Nicolaj rimase in quella provincia mussulmana, relativamente vicina ad
Alma Ata del Kazahstan, fino alla guerra.
Da Alma Ata ci sono poi pervenute molte notizie di questo benemerito SWL,
morto nel 1942 all'età di 36 anni, probabilmente in guerra.
Umberto Nobile
"La nota che facevo
trasmettere in italiano e francese, talvolta anche in inglese, diceva
così:
Allimprovviso,
proprio quando più forte era lo scoramento per la deriva che inesorabilmente
continuava a portarci verso sud-est, giunse la notizia ardentemente attesa
per quasi due settimane, giorno per giorno, ora per ora, la notizia che
doveva mettere a subbuglio il nostro piccolo accampamento sperduto nel
pack, facendo rifiorire negli animi speranze ormai quasi perdute.
Era la sera del 6 giugno.
Biagi, con la cuffia
sulle orecchie, trascrive come al solito su un quaderno il bollettino
di San Paolo. Ad un tratto esclamò: "Ci hanno intesi!"
.
Pag 200, "La Tenda
Rossa, memorie di neve e di fuoco". Ed. Mondadori, 1969.
A pag. 187 nella nuova edizione Oscar
Mondadori del 2002.
Alfredo Viglieri
"alle ore 21 del
5 giugno attendevamo il solito bollettino di S. Paolo ed eravamo svegli,
oltre a Biagi, il Generale ed io
Ad un certo punto Biagi, mentre
scriveva alzò il capo verso di noi e, con un soffio di voce, pian
piano disse: "ci hanno sentiti".
LAmbasciatore
russo a Roma comunicava al nostro Governo che una stazione privata di
Arcangelo aveva intercettato alle ore 20 del giorno 3 i seguenti segnali
che riteneva provenienti "dallItalia": S.O.S. Italia Nobile.
Il radioamatore, oltre a ciò, non aveva potuto decifrare gli altri
segni della misteriosa comunicazione tra i quali egli aveva avuto limpressione
di cogliere solo due parole: "Franz Joseph"
Non cera
dubbio. La notizia era vera comera pur vero che noi, il 3 e il 4,
allora indicata dallAmbasciatore russo, avevamo trasmesso
i segnali di soccorso. Quel Franz Joseph? Era evidentemente un malinteso.
Nel dare notizia di noi nominavamo lIsola Foyn comunicando anche
la distanza che da questa ci separava. Il radioamatore probabilmente,
forse per la ricezione disturbata o male interpretando litaliano,
aveva scambiato Foyn con Franz".
Pagg 105-106 da "48
giorni sul pack". Mondadori 1929
Cesco Tomaselli
"Alla Baia dei
Re stavano intanto succedendo delle cose straordinarie. Il quattro giugno,
verso la una del mattino, la Città di Milano riceveva dalla stazione
radiotelegrafica di Mosca la notizia che il giorno prima, alle venti,
il radioamatore Nicolaj Schmidt con un apparecchio ad onde corte, aveva raccolto
lS.O.S. dellItalia. Il Comitato di soccorso dellOsoaviachim,
che aveva trasmesso la comunicazione, aggiungeva essere lo Schimdt persona
seria e degnissima di fede.
Contemporaneamente altri
radioamatori asserivano di aver udito la segnalazione dellItalia:
un avvocato svedese di Talleborg, nella notte tra il tre e il quattro,
aveva intercettato la parola "Italia Nobile S.O.S". Il capitano
della nave russa Sikvic, in navigazione nel golfo di Botnia, faceva sapere
di aver ricevuto un messaggio dellItalia: in Olanda, nel Belgio,
negli Stati Uniti altre stazioni confermavano la segnalazione.
In tutti i rami dellattività
umana il dilettantismo è riguardato come un fenomeno di faciloneria
e di presunzione: ma nella radiotelegrafia i dilettanti sono, sotto certi
aspetti, allavanguardia, e il contributo che essi danno al perfezionamento
della scoperta è senza dubbio considerevole. Nel caso in questione,
cera una circostanza importantissima: i radioamatori possiedono
per la maggior parte stazioni a onda corta realizzate da loro stessi,
il che spiega, in un certo senso, come essi avessero potuto sentire lapparecchio
di fortuna dellItalia".
Pag. 217 de "Linferno
Bianco" ed. Unitas Milano, 1929.
Pag. 139 nella nuova
edizione Nordpress del 1998.
|
Behouneck,
Cecioni e Biagi alla "Tenda rossa"
20 giugno 1928, 80° latitudine N: l'idrovolante S55 sorvola per
la prima volta la Tenda Rossa. Sulla sinistra è visibile il segnale
del campo di atterraggio preparato dai naufraghi
Lo schema dell'Ondina campale S n° 3.
Trasmettitore
Ondina campale vibratore - tipo s
Testo
tratto dal libro: Biagi racconta... - Mondatori 1929
L'apparecchio
di fortuna, che in un primo tempo avrebbe dovuto essere costituito
da un pannello con valvole T. 250 ed una piccola dinamo azionata
da un motore Douglas a benzina, era stato, all'ultimo momento,
sostituito dalla cassetta di fortuna, esperimentata e si può
dire nata sulle coste di Castel Porziano, dove il Comandante Pession
e il capitano Baccarani si recavano spesso per esperimenti. Di
una potenza di circa 5 watt antenna, essa poteva emettere onde
da 30 a 50 metri. L'apparecchio era composto di una cassetta di
legno di circa 60 centimetri per 20 di base e 25 d'altezza, contenente
un solo piccolo Triodo tipo ricevente Philips T. B. 4, di una
semplice spirale di 16 anelli, un condensatore ad aria, due piccoli
condensatori fissi, e un vibratore elevatore di tensione da 12
a 300 volts.
La batteria da 12 volts forniva anche 8 volts per l'accensione
del Triodo. Dal secondario del vibratore veniva presa la tensione
anodica. Il tutto assorbiva circa 3 ampères; quindi, con
due batterie da 12 volts e da 100 ampèr’ora, si aveva
la possibilità di 50-80 ore effettive di trasmissione.
Sulla parte anteriore della cassetta c'erano poi tre strumenti
di controllo, la manopola del condensatore ad aria ed.un piccolo
tasto manipolatore.
Per antenna e contrappeso bastavano due fili lunghi circa un quarto
della lunghezza d'onda voluta, cosí che per l'ondina 33
occorrevano circa 8 metti di filo. L’deale sarebbe stato
che uno dei due fili fosse stato verticale e l'altro orizzontale,
un poco sollevato da terra.
La portata diurna si poteva considerare dai 500 ai 1000 chilometri,
a seconda dell’onda e delle condizioni atmosferiche.
La sostituzione di questa cassetta al Douglas fu certamente la
nostra salvezza perché tutto l'apparecchio motore del Douglas
col pannello trasmittente, essendo molto pesante ed ìngombrante,
avrebbe dovuto essere messo per forza sulla trave dei dirigibile
e quindi sarebbe sparito insieme con l'involucro. Invece la cassettina,
pesando poco (12 chili) si poté metterla nella piccola
cabina radio, ed anzi lo me ne servivo come sedile.
Certo, mentre le infliggevo quella involontaria mancanza di rispetto,
non avrei mai pensato che la modesta cassettina fosse destinata
a rappresentare una parte di tanta importanza e ad assumere un
rango storico nella nostra tragica avventura.
Essa fu davvero la nostra Provvidenza. Sia benedetta, e benedetto
gia Guglielmo Marconi, nostro nume tutelare e genio benefico dell'umanità.
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Biagi e
la sua miracolosa radio a bordo del « Krassin »
Stazione radio a Onde Corte consegnata al sottocapo della M.M. Biagi
e costruita in base al nuovo sistema seguito da Marconi nelle sue rivoluzionarie
esperienze. A sinistra il trasmettitore, a destra il ricevitore.
Il ricevitore era il modello MK IV, costruito dalla ditta inglese Burndept nel 1927. Consentiva la ricezione delle
lunghezze d'onda comprese fra i 12 e i 100m. Circuito a reazione, seguito da due stadi a bassa frequenza, utilizzava tre valvole S525 della Mullard ed era alimentato da accumulatori per i filamenti e da pile a secco per la tensione anodica.
La serie di bobine intercambiabili era sistemata in un cassettino nella base.
Il trasmettitore, progettato dal radioamatore Giulio Salom I1MT, era un oscillatore Hartley con una valvola TB 04/10 della Philips. La versione campale, realizzata nell'Arsenale della Regia Marina Militare di La Spezia, poteva coprire le lunghezza d'onda comprese tra i 30m. e i 55m., aveva un vibratore/survoltore, che utilizzava la bobina di uno spinterogeno per motocicletta, in grado di fornire da 300 a 500 V per l'anodica, La potenza massima a R.F. era di 5 W con un assorbimento sulla batteria a 12 V di 3A. e la stessa batteria forniva gli 8 V. per il filamento. La versione imbarcata a bordo del dirigibile Italia era montata in una cassetta di legno delle dimensioni di 55 x 22 x 25 cm, pesava circa 12 Kg., aveva il frontale in ebanite con tre galvanometri Weston, con le manopole di accordo, di regolazione della tensione di filamento e con un piccolo tasto manipolatore. La denominazione ufficiale era Ondina campale S, dove S stava per Salom, e ne furono realizzati 6 esemplari. L'esemplare usato da Giuseppe Biagi era il n° 3.
NOTA: L' SWL russo, Nicolaj Schmidt, che per primo ricevette, a Vochma vicino la città di VOZNESENYE nella provincia di Arcangelo
il 2 giugno 1928, i segnali di Giuseppe Biagi, usava un ricevitore a reazione a una valvola autocostruito. |
L'Ondina campale S n° 3 è oggi conservata nel Museo dell'Arsenale della Marina Militare a La Spezia
La « Città di Milano » el il «
Krassin » alla Baia del Re .
Nave rompighiaccio russa « Krassin ».
E'
stato costruito a Newcastle in Inghilterra nel 1917, allo scopo
di mantenere liberi dai ghiacci gli accessi ai porti di Arcangelo
e Murmansk. Lunga 98 metri, larga 21,60 metri, corazzato in acciaio
al cromo, stazza 10.000 tonnellate e le sue tre macchine sviluppavano
una potenza di 10.500 cavalli.
Dopo
la dipartita dei superstiti, staziona ancora a nord delle Svalbard
per la ricerca dei dispersi sino alla fine del Settembre 1928.
Oggi è adibito a museo nel porto di S. Pietroburgo.
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Giuseppe Biagi e la cassetta radio detta "la biagina"
Giuseppe Biagi
Dirigibile Italia
TROMSO: Monumento ai caduti dell'equipaggio Italia
TROMSO: Monumento ai caduti dell'equipaggio Italia
IL 21 gennaio 1999
a Milano veniva annunciata UNA MOSTRA nella quale si RIEVOCAVA LA SPEDIZIONE
NOBILE
La Tenda Rossa: 70° anniversario della spedizione del dirigibile Italia
L'anniversario della spedizione di Biagi
Giuseppe Biagi, O.M. emerito dell'A.R.I.
Gli eroi dimenticati della tenda rossa
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