Comitato Guglielmo Marconi International
Fondato nel 1995

La decisione per acclamazione su richiesta di un deputato italo-americano: 
la Western Union gli «rubò» i prototipi e vi fece lavorare Bell


Gli Usa ammettono: Meucci è l’ inventore del telefono


Washington, dopo 113 anni la Camera riabilita l’ immigrato fiorentino:
non aveva i soldi per pagare il brevetto


WASHINGTON - Ci sono voluti 113 anni, ma adesso è ufficiale: l’ inventore del telefono non è Alexander Graham Bell, come continuano a insegnare i libri di testo delle scuole, bensì Antonio Meucci, l'immigrato fiorentino che morì in povertà a New York nel 1889 dopo essere stato defraudato del brevetto. Lo ha decretato per acclamazione la Camera a Washington, su iniziativa del deputato italo-americano Vito Fossella: «La Camera - dice la risoluzione - intende dare riconoscimento alla vita e alle conquiste di Meucci, prendendo atto del lavoro da lui svolto nell’ invenzione del telefono». Dopo la riabilitazione di Sacco e Vanzetti, i due anarchici ingiustamente condannati a morte per terrorismo negli Anni Venti, è un altro trionfo, peraltro ancora più tardivo, per la generazione degli immigrati italiani che furono spesso vittime di pregiudizi e discriminazione.
La motivazione della Camera apre uno squarcio straordinario su uno dei capitoli più vergognosi del business americano, e riassume l'odissea dello sfortunato fiorentino nella terra promessa. Rileva che, arrivato a New York, «Meucci continuò a lavorare senza posa a un progetto avviato all'Avana a Cuba, un'invenzione che chiamò teletrofono, basato sulle comunicazioni elettroniche»; e che nella sua casa di Staten Island «allestì un collegamento permanente tra il laboratorio nello scantinato e la stanza della moglie, che soffriva di un'artrite deformante, al secondo piano». La motivazione aggiunge che «avendo dato fondo ai risparmi, Meucci non poté commercializzare l'invenzione, pur avendone fornita una dimostrazione nel 1860 e avendola pubblicata sul giornale italiano di New York». La povertà e la scarsa conoscenza dell'inglese e del mondo degli affari, prosegue la Camera, «impedirono a Meucci, che viveva ormai dell'assistenza sociale, di finanziare il processo del brevetto, costringendolo a limitarsi a una notifica nel 1871». L'inventore consegnò alcuni prototipi alla Western Union, la società dei telegrafi, ma questa disse di averli persi, e gli rifiutò i soldi per rinnovare la notifica nel 1874. In questo modo, due anni dopo la Western ottenne il brevetto, attribuendo l'invenzione a Bell, che aveva lavorato sui prototipi di Meucci. Indignata, la comunità italiana fece quadrato attorno all'immigrato fiorentino, e dopo un decennio ottenne l'intervento del governo. «Il 13 gennaio 1887», conclude la motivazione «il brevetto di Bell venne annullato per frode e dichiarazione del falso, annullamento poi sancito dalla Corte suprema». Ma Meucci morì nel 1889 e il brevetto Bell, che scadeva nel 1893, non fu più contestato.
Giubilante, il deputato Fossella, dello stato di New York, ha dichiarato che «si è finalmente fatta giustizia» e ha attribuito parte del merito alla direttrice del Museo Garibaldi-Meucci di Staten Island, Emily Gear. La Gear, una giovane combattiva, studiosa di storia, lamenta che ancora oggi «molti immigrati negli Usa siano condannati al fallimento». Ha rilanciato il piccolo museo, da un secolo dedicato ai due personaggi che divennero intimi amici a Long Island, dove Giuseppe Garibaldi, da lei definito «il George Washington italiano» visse per un paio d'anni lavorando nella fabbrica di candele di Meucci. Nella parte di Meucci c'è il teletrofono da lui sperimentato per la prima volta nel 1849, quando Alexander Graham Bell, sottolinea la Gear, aveva appena due anni.

Ennio Caretto
Articolo tratto dal quotidiano:
 Il Corriere della Sera - Domenica 16 Giugno 2002



Meucci, genio rinascimentale
distrutto dal sistema americano

Già nel 1871 un documento attestava la sua invenzione del telefono Ma perse la sfida con Bell e morì povero.
Riabilitato dopo 113 anni

Già nel 1887 un tribunale aveva sancito il torto di Bell e la precedenza di Meucci nell’invenzione del telefono. Più che celebrare il voto del parlamento di Washington giova allora forse ricordare che la sua vita nel nuovo mondo fu fuori posto come poteva esserlo quella d'un italiano del Rinascimento. Per lui contavano non la praticità capitalistica ma l'invenzione e l'estetica. E quindi gli toccò quanto sarebbe avvenuto anche ai geni del Rinascimento, fosse toccato loro di vivere nella sua stessa America. Antonio Meucci nacque nel 1808, quand'ancora Firenze era occupata dai napoleonici, in una famiglia modesta. Poté anche frequentare dei corsi di Belle Arti; dopo essere stato daziere, divenne meccanico teatrale, il che significava allora inventore di marchingegni. Vi si votò con mite tenacia. Ma quel che d'infantile, brusco e silente ch'era in lui, gli covava nel cuore altre due passioni: gli esperimenti più strani d'elettricità fisiologica, per cui appiccicava elettrodi di rame addosso a chiunque, e Mazzini. Per il quale si costrinse all'esilio, via da quel suo Gran Ducato, che era in tutto ancora simile alla fiaba di Pinocchio.
Via, nemmeno trentenne per il mondo; povero emigrante con la moglie Ester, fino a Cuba, dove divenne primo meccanico del teatro dell'Avana. Il melodramma, l'indolenza generosa di tutti, il mare e le stelle diedero ai due il privilegio d'essere felici e saperlo. Ma Meucci era pure chimico con metodi più simili a quelli alchemici che ai moderni, ma efficaci. Inventò un suo metodo per galvanizzare i metalli. Ne ottenne grande fama d'inventore. Le sue macchine teatrali automatiche, veri artifici rinascimentali, intanto sulle note di Donizetti meravigliavano le ricche creole come le povere mulatte. Egli amministrava coi suoi marchingegni la fantasia, quel liquido magico che apre gli occhi della mente. Ma era, e restava un mazziniano umanitario. E riecco la sua mania di curare tutti con l'elettromedicina, nel suo laboratorio, dietro il Teatro dell'Opera. Curava con gli impulsi elettrici, e divenne maestro nel dosare forze e lunghezze delle scosse, certo d'alleviare le pene dei pazienti. Funzionò un poco anche per sua moglie Ester, che si era nel frattempo scoperta malata della più grave artrite. Dall'estasi al male estremo: Meucci visse l'amore ottocentesco. Ma un giorno quand'aveva ormai 41 anni con un tale malato gli occorse un caso strano. Infilò un tetrodo di rame nella bocca di costui e gli lasciò l'altro nella mano. Quindi andò nella stanza vicina attaccò i fili; uno all'apparecchio per l'elettro impulso e l'altro sulla propria lingua per meglio dosare la scossa. Giù la levetta. Il malato saltò sulla sedia; malgrado la distanza Meucci sentì sulla sua lingua le parole che l'altro diceva. E la fisiofonia, di quelle correnti conformanti, divenne l'idea della sua vita: trasmettere la voce con un filo.
Seguirono altri esperimenti, coi più teneri fili di rame e un cono di cartone e fiumi di denari spesi, senza mai badarvi. Finché un incendio ridusse in cenere il suo teatro, e lo costrinse a emigrare a New York dov'era gran fervore di teatri. Ma quel nuovo mondo non era ansioso d'accogliere stranieri. A Meucci non rimase che fondare, col tenore Salvi, una fabbrica di candele. E accogliervi gli esuli italiani, persino Garibaldi, che poi così scrisse: «Il mio amico Antonio Meucci, fiorentino e brav'uomo, benché lavorante suo, mi trattò come uno della famiglia e con molta amorevolezza». Come dovette trattare pure gli altri esuli impiegati della sua fabbrica, nella quale produceva una candela senza fumo da lui inventata. Il Meucci non aveva talento per il lucro; né le chiacchiere degli esuli potevano farlo ricco. Ma seguitò a sperimentare il teletrofono, come lo si chiamava. Tanto da sentire la voce della moglie Ester, ormai paralizzata nella sua stanza al secondo piano, fino nella fabbrica vicina, commuovendosene. Ma la fabbrica dovette liquidarla nel 1855, e con essa i suoi risparmi. Altri raggiri di un socio americano significarono la definitiva rovina. Eppure tra il 1850 e il 1862 costruì almeno trenta diversi modelli per far vibrare l'elettricità con la parola. Usò membrane, segnò leonardesche ampiezze vocali, mescolò sale marino, grafite, sapone, acido muriatico, asbesto, zolfo, resine, per trattare i fili di conduzione. E persino inventò dei teletrofoni marini, che Jules Verne non avrebbe disdegnato; con toni diversi a seconda della gravità delle tempeste.
Ma intanto ogni agiatezza era sfumata: era solo un vecchio operaio, fabbricante di candele fallito. Non desistette, alla moglie spiegava che quel telegrafo parlante, prima o poi: «Ci farebbe andare in carrozza e ci farebbe ricchi». Ma fu inutile mandare un tal Bendelari alla ricerca di capitali in Italia. E gli americani non gli badavano; e i 250 dollari del brevetto, per un vecchio in miseria erano troppi. A 62 anni lo scoppio della caldaia d'un vaporetto gli provocò tre mesi di ricovero, ustioni per le quali quasi non morì. Per curarlo la moglie ebbe la pena di dover vendere tutti suoi marchingegni telefonici per sei dollari a un rigattiere. E tuttavia, se non un brevetto, Meucci nel 1871 ebbe un caveat, un documento a buon mercato che descriveva l'invenzione e ne fissava la priorità. Nel 1874 affidò i nuovi modelli al vicepresidente dei telegrafi della Western Union, dopodiché non se ne vide più ricevuto. Quando protestò nei vestiti lisi di un povero vecchio, gli dissero poi che li avevano perduti.
Rabbia e pianto senza lacrime pure quando nel 1876 lesse sui giornali di New York che Alexander Graham Bell aveva inventato, lui, il telefono. In America ogni innovazione è costruita sul tornaconto, come richiede del resto il fatto che una cosa è l'innovazione che frutta; altra la sua invenzione originaria. Così quando Meucci gli fece causa Bell minimizzò. Neppure servì a molto che nel 1887 i giudici riconoscessero che il brevetto di Bell era annullato per frode. Il caveat di Meucci era scaduto, senza dollari lui non l'aveva rinnovato, e dunque non ne ottenne benefici. Meucci, era un genio ma anche, come scriveva Garibaldi, un gran brav'uomo, perciò se ne morì poverissimo, e in un mondo che non era il suo. Bell invece era nel suo solo mondo: riprese i modelli di Meucci dalla Western Union. E mise in produzione un'idea con una ferocia non amorevole ma pratica, venale: quel gioco del più forte, che è anche l'America.


Articolo tratto dal quotidiano:
 Il Corriere della Sera - Lunedi 17 Giugno 2002



Televisore Bell Telephone modello 243 anni 60

Antonio Santi Giuseppe Meucci nacque a Firenze, nel popolo di S. Frediano, cura di Cestello, alle cinque del mattino di mercoledì 13 aprile 1808. La casa natale era allora in Via Chiara n. 475, oggi Via dei Serragli n. 44. Il 16 maggio 1996 vi è stata apposta una lapide, a cura del Comune di Firenze.


Lapide apposta alla casa natale di Antonio Meucci a Firenze

     
1808 - 1889
Antonio Meucci, inventore del telefono


Antonio Meucci, rispettato leader della colonia italiana di New York


Il cottage di Meucci, oggi trasformato nel Garibaldi-Meucci Museum

Antonio Meucci: una vita per la scienza e per l'Italia (1^ parte)

Antonio Meucci: una vita per la scienza e per l'Italia (2^ parte)

Antonio Meucci

Antonio Meucci: Lapidi apposte in due case a Firenze

Scorci della vita di Antonio Meucci

Garibaldi-Meucci Museum

Antonio Santi Giuseppe Meucci

Innocenzo Manzetti

Milano, 1881 - Si istituiscono tre società per il servizio pubblico dei telefoni: L' "Italo-Americana", la "Florio" e l' "Itala Telefoni". Nel 1883 le tre società vengono fuse in una sola, la Società Telefonica Lombarda. Dopo un anno gli abbonamenti sono 1277; la media delle comunicazioni giornaliere passa dalle 6.000 del gennaio 1882 alle 11.333 del gennaio 1884.

Riceviamo e pubblichiamo

Cari colleghi italiani,

e' vero che le grandi invenzioni hanno molti padri.
Il telefono non poteva fare eccezione...!

Per coloro che qualche anno fa seguirono gli avvenimenti riguardanti il riconoscimento del lavoro di Meucci la questione poteva sembrare conclusa: il Congresso degli Stati Uniti, nel 2002 adotto' una conclusione finale su tutta la vicenda (Risoluzione 269) attribuendo tutto il merito dell'invenzione all'inventore italiano.
(Si', e' vero che gli strenui difensori di Bell non si sono ancora dati per vinti... ma non hanno prodotto, mi sembra, alcuna valida documentazione per una "opposizione" alla risoluzione).

Mi e' stato fatto notare che il nostro sito dell'Epo (http://www.epo.org/topics/innovation-and-economy/outstanding-inventors/graham-bell.html) propende invece tout-court per la versione "Bell-iana":

In today's information age, communications are everything.
And no other technology has brought people together more than the telephone, invented by Alexander Graham Bell in 1876. The Scotsman's invention paved the way for a connected world market and was a stepping stone for future developments of information technology like the mobile phone and the Internet.

Una sintesi degli "accadimenti" si trova qui: http://www.aei.it/ita/museo/mam_rusa.htm

Magari un animo generoso potrebbe ricavarne un articolo interessante per la Gazette...  

Monaco di Baviera  26 Apr 2007

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