Comitato Guglielmo Marconi International
Fondato nel 1995

Un piccolo omaggio alla
Marchesa Maria Cristina Bezzi Scali Marconi,
moglie di Guglielmo Marconi

Seconda famiglia di Guglielmo Marconi


Marconi con la moglie, la figlia e la suocera
contessa Bezzi-Scali


Maria Cristina Bezzi Scali, Guglielmo Marconi,
in Basso Elettra Marconi

Guglielmo Marconi raccontato dalla Moglie:
"UN MITO PER MARITO"

Per la prima volta Maria Cristina Marconi (94 anni),
ha rilasciato un'intervista a un giornale italiano
sulla sua vita con lo scienziato.

ROMA - Nel 1925, in occasione di una cerimonia organizzata all'albergo Hall di Londra in onore di Guglielmo Marconi per celebrare i primi trent'anni dell'invenzione della radio, il famoso scienziato italiano fece una dichiarazione che sbalordi' tutti, ma che diede la misura del suo distacco quasi filosofico nei riguardi delle invidie e polemiche che si erano sollevate sulla sua priorita' nell'invenzione del secolo: "Confesso che le ricerche per sapere chi sia stato il primissimo inventore della radio - disse Marconi - mi hanno sempre immensamente divertito. Risale al primo uomo che comincio' a interpretare i segni di un altro uomo!". Poi, tornando freddo e distaccato con l'aplomb palesemente inglese, conunuo': "Cio' che penso di avere scoperto io e' la capacita' delle onde elettriche di viaggiare e di essere ricevute attraverso grandi distanze...".
In quel settembre 1925 Guglielmo Marconi, pur essendo ai vertici della popolarita', dopo aver firmato vantaggiosi contratti con diversi Paesi interessati a perfezionare le radio trassmissioni, dopo aver ricevuto medaglie d'oro e riconoscimenti in tutto il mondo, era un uomo mo solo, con un matrimonio fallito alle spalle, pieno di torienti religiosi e con le radici cattoliche paterne che emergevano prepotente, malgrado la madre idandese l'avesse allevato nel piu' fervente credo protestante. Pochi mesi dopo, quando incontro' a Viareggio una giovane patrizia romana, Maria Cristina Bezzi - Scali, fu un colpo di fulmine: lui, col suo innegabile fascino sapeva accendere: i cuori femminili, lei con la sua radiosa bellezza e la trasparente serenita', irradiava intorno a se' calore e sicurezza. Era cio' di cui aveva; bisogno Guglielmo Marconi.
Oggi, per la prima volta la marchesa Maria Cristina Marconi, a distanza di oltre sessant'anni dal suo matrimonio - si sposarono il 15 giugno 1927 - e a 57 anni dalla morte prematura dello scienziato, ha concesso un'interviste a un giornale italiano. Con una voce profonda, calda e misurata, la vedova di Guglielmo Marconi ha voluto leggere nel libro dei ricordi con occhi ancora grandi, espressivi e vivaci, che hanno sorriso quando l'immagine di lui emergeva prepotentemente dal passato, ma hanno pianto dignitosamente quando si spegneva la loro luce nel ricordo che si faceva struggente.

 Di Marconi conosciamo la statura scientifica, il perfezionismo, Il coraggio di affrontare l'inconoscibile umanita', le sue amarezze e le sue gioie. Com'era, dunque?, Che cosa pensava, che cosa confidava?,

 "Sono passati tanti anni, ma quando parlo di mio marito sento ancora gli occhi che si rempiono di lacrime. Pensi che non ho piu' voluto risposarmi: potevo farlo, avevo 37 anni quando Guglielmo mori', proprio qui, in questa casa. Ma non ho voluto. Ho scelto di stargli vicina spiritualmente, com'eravamo stati vicini e insieme per i dieci anni piu' felici della mia vita. Quando lo conobbi a Viareggio sentii che cercava una famiglia e potevo offrirgliela. Compresi inoltre che era sempre stato cattolico, come il padre Giuseppe, che rimase a Pontecchio anche quando Guglielmo e la madre stavano piu' a Londra che a Bologna. Mi raccontava del passato, delle sue emozioni, mi raccontava del futuro e delle sue speranze".

 Gli storici affermano che Marconi era scontroso, chiuso In se', e concedeva poco spazio agli Interlocutori. Lo stesso Montanelli lo defini' con una certa acrimonia "un genio non amabile". Con lei pero' era diverso.


 "Si', era un uomo chiuso, ma capii subito che cercava sinceramente di aprirsi. Forse era prudente, parlava poco con gli altri, quando diceva qualcosa piu' della convenienza era perche' aveva ponderato a lungo. Aveva molta intuizione: se si trovava davanti la persona giusta e fidata, allora si apriva. Certo, mi raccontava tutto delle suo esperienze, l'ansia delle prime prove nel giardino di Villa Griffone, col vecchio Antonio Marchi che lo aiutava fedelmente, il buon Alfonso, il paziente e affezionato fratello piu' vecchio, che sparava i colpi di fucile quando il segnale radio arrivava al ricevitore... Diceva che si fidava dei bolognesi, credeva molto in Bologna e non aveva mai dimenticato le origini paterne della famiglia, nella montagna bolognese. Ricordava spesso che il padre gli inviava il Carlino a Londra, nei primi anni, dopo il 1897, per sapere che cosa scrivevano di lui a Bologna: io ho imparato ad amare i bolognesi attraverso mio marito".

 Anche se Marconi non dava importanza all'emarginazione che gli aveva dimostrato il mondo della scienza ufficiale italiana, da cui era considerato solo un inventore e mai uno scienziato, almeno fino al conferimento delle lauree ad honorem, era evidente che soffri' di questa scarsa stima.


 "Adesso le diro', era riluttante a parlare di questi fatti, tuttavia ogni tanto sentiva il bisogno di affrontare queste evidenti preoccupazioni. Di Augusto Righi, ad esempio, che era un fisico affermato, mio marito diceva spesso che lo scienziato bolognese aveva idee che non collimavano con le sue. Di Righi parlava poco, ma non accettava che altri avessero detto che mio marito era stato suo allievo: non era vero, tanto che lo stesso Righi piu' fardi, onestamente lo disse. Mi racconto' che si offendeva quando dicevano che gli studi di Righi erano stati decisivi per l'invenzione della radio: ricordo che nervosamente affermava: "Ma io non ho mai avuto niente a che fare con Righi!". Era la miadre che volle a tutti i costi avvicinare Guglielmo a Righi, E io soffro oggi quando parlano e scrivono del passato e dicono cose non vere e molti dovrebbero riconoscere che l'invenzione fu soltanto sua e non in virtu' dell'intervento di altri. Devo dire che sui tanti libri scritti, su Marconi, non ne esiste uno solo che spieghi come e perche' mio marito nel 1895 invento' la radio, lo afferma anche un nostro amico, lo studioso bolognese Lodovico Gualandi. Mio marito non si occupo' mai degli altri scienziati, pensava soltanto ai propri studi e alle sue esperienze. Mi racconto' di come resto' profondamente deluso dopo un incontro che ebbe con Righi nell'estate del 1895, quando lo ando' a trovare in una villa vicina a Pontecchio per parlare delle sue esperienze, mi disse: "Ma era tutto diverso da quello che stavo facendo io! e lui (Righi, ndr) mi consiglio' di piantare tutto per mettermi a studiare al liceo! Non aveva proprio capito!". Quando mio marito mori', Righi mi scrisse una lunga lettera di cordoglio da cui traspariva, forse, il rimpianto di non aver compreso subito cio' che aveva fatto di cosi' grande Marconi in quella sua giovane eta': aveva solo ventun anni!".

 E degli altri scienziati non ha mai parlato?


 "Sono passati tanti anni... un giorno mi parlo' di Solari che fu per lungo tempo al fianco di mio marito e segui' tutte le esperienze, poi dell' inglese Lodge, che era amico di Righi e al quale disse che non era possibile che un giovane senza una laurea scientifica avesse potuto raggiungere un successo cosi' straordinario. Quando Solari scrisse il suo primo libro sulla radio, mio marito lo porto' a casa e me lo fece vedere. Poi disse: "Ecco, invece di scrivere su Marconi, doveva scrivere su se' stesso perche' in queste pagine c'e' Solari che ha fatto tutto da solo...!". Per la verita' aveva sfruttato l'esperienza di mio marito e i meriti se li era presi lui. Marconi ha sempre realizzato cose incredibili e gli altri, come il tedesco Slaby, si appropriavano delle sue verita'".

 Nei lunghi viaggi in mare con Io yacht "Elettra" ha potuto assistere a qualche esperimento di rilievo?, considerando l'importanza per Marconi di quel laboratorio galleggiante?


 "Eravamo entrambi innamorati del mare, ne sono sempre stata affascinata. Sul mare ogni pensiero Spariva, era come navigassimo ai confini dell'infinito. Portavamo spesso anche la piccola Elettra con noi, che e' cresciuta in questo climia di amore reciproco. Si', ricordo quando Guglielmo fece le prime prove di navigazione cieca, col raggio che ritornava indietro quando colpiva un ostacolo. Era il 1933 e quell'esperimento fu realizzato davanti a Sestri Levante: ho aiutato anch'io a coprire con lenzuoli ogni finestrino del ponte di comando. E navigammo entrando in porto senza vedere nulla di fuori. In pratica era il radar, che mio marito aveva gia' annunciato undici anni prima in America".

 Quattro anni dopo, nel 1937, Marconi non sarebbe riuscito a superare l'ultima, decisiva crisi cardiaca. E' Il momento piu' delicato per un ricordo, ma Immagino che lei abbia ben nitido ogni dettaglio di quella giornata...


 "Purtroppo si'. Era il 19 luglio, faceva caldo, decidemmo di andare a Forte dei Marmi, dove Elettra ci attendeva per festeggiare insieme il suo settimo compleanno. Mio marito doveva andare al Senato, ma rinuncio' perche' non si sentiva bene. Mi convinse a partire da sola, era fa prima volta che viaggiavo da sola. Prenoto' uno scompartimento, mi accompagno' sul treno, voleva constatare che fossi a posto, tranquilla. Mi bacio' e ml disse sottovoce: "Ci vedremo domani, io arrivo domani...". Il viaggio fu lungo, interminabile. Non ero tranquilla, feci in tempo a scendere dal treno e mi raggiunse una telefonata di mio padre da Roma. Ripartii quasi subito, ma arrivai a Roma il mattino dopo alle sette: quando vidi mio padre e il prefetto di Roma in stazione, compresi che non avrei piu' rivisto mio marito...".

Il rumore vociante del cuore di Roma, in via Condotti, non entra nelle grandi sale e nel salotto dell'antico palazzo Bezzi - Scali dove la marchesa Maria Cristina Marconi, che ha oggi 94 anni, accoglie gli ospiti con la premurosa figlia, la principessa Elettra e il nipote Guglielmo. C'e' quasi un silenzio museale. Le sue foto piu' recenti, di cui ne pubblichiamo una col suo consenso, che la ritraggono in queste sale, furono diffuse quattro anni fa sulla rivista inglese Hello!. Le altre foto, quelle che appartengono al passato, sono sparse sulle seicentesca consolle che consentono di fare un viaggio a ritroso nel tempo felice di Maria Cristina, Guiglielmo ed Elettra.

Giorgio Maioli

Tratto dal quotidiano Il Resto del Carlino, Domenica 24 aprile 1994.


Matrimonio di Guglielmo Marconi con la contessa Maria Cristina Bezzi Scali (1927)


Maria Cristina Marconi con lo scienziato all'uscita della chiesa (1927)


Maria Cristina Marconi ai microfoni dell'Eiar durante una trasmissione
diretta alle donne d'America con Marconi, nel 1936 durante le "sanzioni".

 
Da sinistra: Elettra Marconi,
Maria Cristina Bezzi Scali Marconi,
Guglielmo Giovanelli
  Maria Cristina


Maria Cristina Bezzi Scali Marconi, Elettra Marconi, Guglielmo Giovanelli Marconi


"Maria Cristina Bezzi Scali Marconi, MIO MARITO GUGLIELMO, Con un Tributo di Carlo Rubbia, Rizzoli"


MARCONI, MY BELOVED

La Marchesa Maria Cristina Bezzi Scali Marconi e' deceduta a Roma il 15 luglio 1994


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