Comitato Guglielmo Marconi International - Fondato nel 1995

GRAFFITI PER UN CENTENARIO

La vicenda scientifica di Guglielmo Marconi ricostruita attraverso
dichiarazioni originali

di Gabriele Falciasecca

Moltissimo è stato scritto su Guglielmo Marconi, non sempre a proposito, a volte con intento celebrativo a volte per sminuirne l'importanza. Scrivere qualcosa di originale che non sia un collage di cose già scritte da uno o più autori è assai arduo. Si è pensato allora di ordinare direttamente spezzoni tratti dall'ampio materiale esistente. In questo scritto, dunque, dopo alcune considerazioni personali sul concetto di invenzione in generale e di radio in particolare, sono presentate dichiarazioni originali, legate da commenti minimi su alcune delle questioni concernenti l'opera di Guglielmo Marconi: il grande scienziato infatti ha dato risposte dirette ad alcune delle questioni più importanti che sono continuamente sollevate. Per la natura stessa della impostazione la trattazione non è onnicomprensiva e le scelte fatte sono naturalmente l'intervento più diretto dell'autore sull'argomento.

Che cosa è la "invenzione della radio" ?

Il termine invenzione è usato per segnalare la comparsa all'orizzonte di una nuova serie di entità, prima inesistente, che si segnala per una sua individualità e originalità. In tal senso l'inventore compie un atto creativo, paragonabile, in campo biologico alla comparsa di una nuova specie. Il paragone aiuta a comprendere buona parte dei problemi connessi con la paternità delle varie invenzioni. Nessuna specie potrebbe svilupparsi, secondo la teoria evoluzionistica, senza la presenza anticipatrice di quelle che la precedono sulla scala della evoluzione medesima. E' tuttavia ormai chiaro che non esiste una necessità in senso opposto: la presenza delle specie inferiori non dà alcuna certezza sullo sviluppo di alcune specie più evolute. Appare poi sempre più probabile che i ritmi della evoluzione non siano costanti e che l'apparizione della nuova specie sia collegato ad un accelerarsi del processo unita ad una certa imprevedibilità del risultato finale.
Quanto sopra descritto può applicarsi, in buona parte, alle invenzioni, prodotto fondamentale della creatività umana. Se non è disponibile un certo contorno che é assieme culturale e tecnologico, l'invenzione non vede la luce. Il contesto culturale consente la genesi dell'idea di base; il contesto tecnologico ne rende possibile la materializzazione in una prima forma reale. In ogni invenzione è dunque possibile riconoscere una serie di antefatti, che la rendono possibile, e di cui bisogna dare merito ad altri e non all'inventore specifico. Tuttavia ogni invenzione degna di tal nome si differenzia per alcuni aspetti peculiari che ne segnano la singolarità e che aprono la via a varianti sul tema. In tal senso appunto si é effettuato il paragone con una specie e non con un singolo individuo, lasciando sotto l'etichetta di una particolare invenzione le differenti modalità che vengono a manifestarsi con un unico comune riferimento. Appare dunque poco produttivo domandarsi se altri avrebbero potuto fare le stesse cose dell'inventore conclamato, eventualmente a breve distanza di tempo, perché l'individuo in questione è quel quid di contingente ed imprevedibile che è insito in ogni atto creativo, sia esso biologico, artistico o tecnico scientifico.
Va anche sottolineato che è nel senso comune attribuire la paternità dell'invenzione a chi è stato in grado di completare il processo di materializzazione, che si è preso tutto l'onere del travaglio del parto per ottenere un risultato di pubblica utilità, pur riconoscendo la genialità di coloro, come per esempio Leonardo, che hanno avuto precise visioni tecniche anticipatrici.
Da quanto sopra emerge anche che è solo ad una certa distanza di tempo che è possibile apprezzare i reali contorni di una invenzione: una definizione troppo precoce rischia di essere riduttiva o fuorviante. Solo quando la carica di novità implicita si è adeguatamente sviluppata si può dare una frontiera sufficientemente approssimata e poco arbitraria all'invenzione. In tal senso penso che oggi ci sarebbero poche obiezioni a seguire sostanzialmente la strada tracciata da Charles Süsskind in un celebre studio sugli inizi della radiotelegrafia e definire come radio l'invenzione che consente la emissione e la ricezione a distanza di segnali per il tramite di onde elettromagnetiche a frequenze non visibili propagantesi senza l'ausilio di apposite strutture guidanti. L'esclusione dell'ottica è fatta per chiarezza, volendo evitare l'utilizzo diretto di sensori biologici come gli occhi in ricezione; inoltre, l'ormai irreversibile processo di numerizzazione di tutti i segnali utili rende del tutto fuori moda una distinzione tra modalità di trasmissione telegrafiche o analogiche.
Con queste premesse non resta che identificare quelle peculiarità che contraddistinguono la radio. Una analisi tecnica al riguardo è stata condotta recentemente da Gian Carlo Corazza [1] ; riassumerla qui non è evidentemente possibile, ma i punti essenziali possono essere ritenuti i seguenti. Si doveva trattare di trasmissione di segnali e non di semplice ricezione di disturbi atmosferici; si doveva dimostrare la capacità del sistema ad operare su grandi distanze e senza vincoli posti da ostacoli naturali; si doveva apprezzare la possibilità di trasmettere in modo sintonizzato, al fine di rendere possibili più comunicazioni contemporanee nelle stesse aree geografiche; si dovevano individuare e perfezionare, almeno fino ad un livello minimale, i dispositivi (antenne, rivelatori,...) necessari per rendere permanente e non saltuario il collegamento (concetti oggi inclusi nei termini come disponibilità, affidabilità ecc.). Seguendo tale analisi si giunge ad una sola possibile conclusione: la radio è stata inventata da Guglielmo Marconi in un periodo di tempo che va dai primi esperimenti del 1895 a Pontecchio, fino al 1901, data della prima trasmissione transoceanica. Tanto durò il travaglio del parto!
Con queste premesse possiamo ora passare ad esaminare alcuni aspetti topici della vicenda marconiana.

Gli inizi

Nella tarda estate del 1895 Guglielmo Marconi aveva completato le sue esperienze a Pontecchio, presso la Villa Griffone, raggiungendo la convinzione che le onde che era capace di generare erano in grado di superare ostacoli e distanze considerevoli. Guidato dalla madre si recò dunque a Londra l'anno successivo dove ebbe modo di presentare la sua invenzione al Post Office e dove soprattutto conquistò l'appoggio di William Preece la cui autorità diede immediata credibilità alle sue parole. Ebbe così modo di progredire nelle sue sperimentazioni fino a che nel 1897 fondò la Wireless Telegraph and Signal Company (poi divenuta Marconi Wireless Company).

La scienza ha conferito all'umanità un grande beneficio. Essa ci ha messo a disposizione un nuovo senso. Ora possiamo vedere l'invisibile, udire l'inudibile, sentire l'intangibile [...] Uno dei più grandi successi scientifici della nostra generazione è la grandiosa generalizzazione di Clerk-Maxwell che tutti questi fenomeni (luce, calore, elettricità, magnetismo) sono precisamente di uno stesso tipo, e che differiscono solo per aspetti quantitativi. La luce è un fenomeno elettromagnetico e l'elettricità nella sua propagazione nello spazio segue le leggi dell'ottica. Fu Hertz a provare questo sperimentalmente [...].

W. H. Preece, Signalling Through Space Without Wires, Conferenza tenuta il 4 giugno 1897 presso The Royal Institution.

“ Quando iniziai a fare esperimenti scientifici ebbi la fortuna di non essere come la maggior parte degli altri inventori, vale a dire che non ero a corto di denaro e non ero costretto a stare alzato la notte per lavorare. Naturalmente stavo alzato alla notte, ma solo perché ero profondamente concentrato nelle mie ricerche. Fin da ragazzo ebbi la passione di scoprire e inventare cose e prima di dedicarmi definitivamente alla radio avevo già realizzato un paio di invenzioni.”
“All’inizio del 1896, dopo una serie di esperimenti che avevo iniziato nell’estate del 1895, fui in grado di trasmettere messaggi attraverso onde elettriche a una distanza di un paio di chilometri nei terreni della villa di mio padre […]. Mi convinsi così che quel nuovo metodo di comunicazione era destinato a giocare un ruolo importante nella storia delle applicazioni della scienza al servizio dell’umanità e decisi di dedicarmi allo sviluppo della mia invenzione.”

[Guglielmo Marconi]

Guglielmo Marconi, il cui nome senza dubbio si ripeterà spesso negli anni a venire, è un giovane Anglo-Italiano. Nacque a Bologna, Italia, e avrà ventidue anni il prossimo aprile. Suo padre è un signore italiano di mezzi indipendenti, e sua madre è una signora inglese in parentela con diverse famiglie inglesi ben conosciute. Egli è un giovane alto e snello che sembra d'avere almeno trent'anni, ed ha una maniera calma e seria, una grave precisione nel parlare, che fa credere ch'egli abbia più anni di quelli che ha. Egli è eccessivamente modesto, non si atteggia a scienziato, e dice semplicemente che ha osservato certi fatti ed ha inventato degli strumenti ed apparecchi per mettere questi fatti alla prova ed a maggiormente estendere le loro diverse applicazioni; ma questi fatti e questi apparecchi sono così nuovi che l'attenzione e la curiosità che presentemente promuovono sono straordinarie.

Dall'intervista di H.J.W.Dam a Guglielmo Marconi pubblicata su "The Strand Magazine" (Londra), marzo 1897.

E' curioso che colline ed ostacoli evidenti non fanno ostruzione [...]. Le condizioni atmosferiche sembrano non avere influenza; pioggia, nebbia, neve e vento non producono nulla. [...] Le distanze alle quali i segnali sono stati inviati sono rimarchevoli.[...] Nel canale di Bristol la distanza coperta ha superato le otto miglia, e non abbiamo certo raggiunto il limite. E' interessante leggere quanto ottenuto da altri. Mezzo miglio era il sogno più sfrenato!

W. H. Preece, Signalling Through Space Without Wires, Conferenza tenuta il 4 giugno 1897 presso The Royal Institution.

Riconoscimenti

Tra i tanti riconoscimenti attribuiti a Marconi, molto significativo è quello di un altro Premio Nobel italiano:

E’ noto a tutti che le scoperte di Marconi furono in un primo tempo accolte con un certo scetticismo negli ambienti scientifici. Lo scetticismo era basato sulla convinzione che non fosse possibile la trasmissione delle radioonde tra stazioni situate una oltre l’orizzonte dell’altra. Si ragionava, infatti, press’a poco nel modo seguente: le onde elettromagnetiche usate nelle trasmissioni radio sono sostanzialmente analoghe alle onde luminose, dalle quali si differenziano solo per la grande lunghezza d’onda; e la terra, grazie alla sua conducibilità elettrica, si comporta per esse come un corpo opaco. Le radiazioni emesse da una stazione, propagandosi in linea retta, debbono lasciare in ombra tutte le stazioni situate al di sotto dell'orizzonte della stazione trasmittente; e ciò salvo una non grande correzione dovuta a fenomeni di diffrazione. Fu una fortuna per l'umanità che queste argomentazioni, che a priori potevano sembrare ragionevoli e ben fondate, non abbiano distolto Marconi dagli esperimenti a grande distanza. La storia di questi primi successi delle radio trasmissioni, costituisce una riconferma del fatto che nello studio dei fenomeni naturali, teoria ed esperimento devono andare di pari passo. Raramente l'esperienza, non guidata da un concetto teorico, può raggiungere risultati di larga portata. E’ certo uno dei più significativi successi per la teoria che l’esistenza stessa e le proprietà essenziali delle onde elettromagnetiche fossero state previste matematicamente dal Maxwell, prima della verificazione sperimentale della loro esistenza e prime che esse, attraverso la geniale intuizione di Marconi, trovassero il loro terreno di pratica applicazione; d'altra parte una fiducia eccessivamente spinta nelle previsioni teoriche avrebbe sconsigliato di insistere in esperimenti che erano destinati a rivoluzionare la tecnica delle comunicazioni.

Enrico Fermi, Guglielmo Marconi e la propagazione delle onde elettromagnetiche nell’alta atmosfera, in Società Italiana Progresso delle Scienze, Guglielmo Marconi: omaggio degli scienziati d’Italia nel primo anniversario della morte, (luglio 1938)

Il presente e il futuro della radio

Guglielmo Marconi ebbe fin dall'inizio la consapevolezza delle potenzialità dell'invenzione che aveva realizzato. Questo si manifestò fin dalle prime affermazioni pubbliche, fatte da giovinetto in Inghilterra. Ad alcune premonizioni egli stesso nel seguito diede concreta realizzazione. In altri casi ciò che per lui fu un sogno è oggi per noi realtà di tutti i giorni. Nelle frasi che seguono ciascuno può riconoscere previsioni sugli sviluppi di radar e radioaiuti alla navigazione marittima e aerea, sulla possibilità di comunicazioni di massa planetarie, sulla potenza dei mezzi comunicativi per la formazione o la manipolazione delle coscienze, sulla corsa a rendere disponibili frequenze sempre più elevate, sull'interesse che si sarebbe manifestato per le comunicazioni mobili e personali.

D- [...] credete che queste onde potranno essere probabilmente adoperate nei fari elettrici quando la nebbia impedisca il passaggio alla luce?
R- Credo che in questo senso verranno in ultimo adoperate. Una sorgente costante di onde elettriche in luogo di una sorgente costante di onde luminose, essendo le navi munite di apparecchi ricevitori, indicherebbe la presenza del faro come pure la sua direzione.
D- Ma la nebbia non sarebbe un ostacolo al passaggio di queste onde?
R- Niente affatto.
[...]
D- Credete voi che ci sia un limite alla distanza che queste onde possono percorrere?
R- Ciò non lo credo. Una peculiarità delle onde elettriche, che fu osservata, credo, da Hertz, è la distanza che esse percorrono allorquando vengono prodotte da solamente pochissima energia elettrica.

Dall'intervista di H.J.W.Dam a Guglielmo Marconi pubblicata su "The Strand Magazine" (Londra), marzo 1897.

“Fin dal 1895, cioè dall'inizio dei miei esperimenti avevo una chiara visione, direi una forte intuizione, che le trasmissioni radiotelegrafiche sarebbero state un giorno possibili attraverso le più grandi distanze.”

Guglielmo Marconi, Discorso 1932, citato in G. B. Marini-Bettolo, Ricordo di Guglielmo Marconi, in Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, Omaggio a Guglielmo Marconi uno dei XL, in occasione del cinquantenario della sua scomparsa 1937-1987, p. 28.

Un’efficace sintesi di buona parte del suo lavoro è data da alcuni brani della Conferenza tenuta da Marconi all’Archiginnasio di Bologna nel giugno del 1926, in occasione del trentesimo anniversario del suo primo brevetto:

“Dal febbraio 1896, data della mia partenza da Bologna dopo le mie prime esperienze di telegrafia senza fili eseguite alla villa di Pontecchio, la mia vita è trascorsa lontana da questa mia cara Città natale. […] La radiotelegrafia, che a me parve destinata a collegare il pensiero di tutti i popoli, aveva bisogno per il suo sviluppo di uno spazio molto grande ed io scelsi per il mio laboratorio l’Oceano Atlantico.
Da quando ottenni il mio primo brevetto quante immense difficoltà si sono dovute sorpassare per raggiungere lo scopo che mi ero proposto e nel quale la mia fede non fu mai scossa, anche quando molte illustrazioni della scienza ebbero ad esprimere i più scoraggianti pareri! ...
…mediante l’impiego delle valvole termoioniche - brillante concezione del Fleming perfezionata dal De Forest, dal Langmuir e dall’Armstrong in America, dal Meissner in Germania e dal Round e dal Franklin in Inghilterra, e mediante l’impiego di circuiti sintonici bilanciati, di filtri elettrici, di amplificatori di potenza ed infine di radiatori dirigibili, riuscii a conseguire risultati tali da assicurare un regolare servizio radiotelegrafico di giorno e di notte, fra l’Europa e l’America, così pure nel 1918 potei comunicare dall’Inghilterra all’Australia, cioè fino a quasi agli Antipodi, attraverso una distanza di circa 20000 km.
Ma per conseguire tali risultati occorrevano impianti enormi, costosissimi, basati sull’impiego di molte centinaia di kilowatt di energia irradiata quasi circolarmente: per modo che lo scopo prefissomi di trovare un mezzo di comunicazione rapida e più economica di quella offerta dall’ordinaria telegrafia senza filo o cavo, sembrava in gran parte frustrata.
Ripensai allora alle mie prime esperienze di Pontecchio, ritrovai nella mia mente il ricordo di quanto mi proponevo allora di conseguire mediante la radiazione di onde elettriche concentrate a fascio per mezzo di opportuni riflettori.
Così nel 1916 a Genova, ove mi ero dedicato a particolari studi per scopi militari, feci numerose esperienze a distanza con i primi apparecchi “a fascio”, impiegando onde cortissime, cioè di due o tre metri di lunghezza. ...
Nello studio pratico fatto in Atlantico durante vari mesi con lo Yacht Elettra nel 1923 sulla portata di trasmissione di tali onde, ho potuto scoprirne alcune proprietà preziosissime che prima di allora erano scientificamente ignorate.
Così rilevai che, impiegando onde corte in impianti di piccolissima potenza era possibile assicurare il più regolare, il più rapido ed il più economico servizio di giorno e di notte fra le Antipodi del Globo, cioè fra l’Inghilterra e l’Australia. ...
Oggi esistono migliaia di navi munite di Radiotelegrafia per la sicurezza della vita umana in mare e per mantenere viva l’attività quotidiana delle innumerevoli persone che attraversano gli Oceani: oggi la corrispondenza senza fili fra l’Europa e l’America, l’Estremo Oriente ed il Sud America svolge un traffico enorme a vantaggio delle crescenti esigenze della civiltà: oggi milioni di ricevitori radiotelefonici sparsi nelle più disperse contrade assicurano il continuo collegamento con i maggiori centri irradianti le notizie di tutto quanto interessa l’umanità ...

[Guglielmo Marconi, 1926]

In un’altra straordinaria sintesi della sua attività, datata 1936 (un anno prima della morte) si coglie l’instancabile impegno di Marconi:

Dopo il giugno 1896 [data del primo brevetto] enormi progressi sono stati fatti ai quali ho sempre cercato di dare il mio personale contributo e la mia leadership. Di eccezionale importanza è stato il superamento dell’Oceano Atlantico con onde elettriche che è stato effettuato da me il 12 dicembre 1901. Dopo la scoperta che le onde elettriche potevano percorrere queste enormi distanze la telegrafia senza fili è entrata subito in tutti i campi delle attività umane. […] La telegrafia senza fili ha portato di conseguenza alla radiodiffusione, che oggi rende la razza umana una sola grande famiglia. Le onde ultra-corte che attualmente attirano l’attenzione di numerosi radio-ingegneri e che io ho applicato nei miei recenti esperimenti, avranno un campo immediato di applicazione nella Televisione, che oggi si può considerare un fatto compiuto.
Io sono ora molto interessato nell’ulteriore sviluppo della telegrafia senza fili e nelle sue applicazioni, come lo ero 40 anni fa, e sono lieto di dire che nuovi importanti esperimenti con le micro-onde in cui attualmente sono impegnato, promettono di svelare un campo estremamente interessante ed ampio per la ricerca scientifica e per utili applicazioni.
Guglielmo Marconi, Discorso 2 giugno 1936, citato in G. B. Marini-Bettolo, Ricordo di Guglielmo Marconi, in Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, Omaggio a Guglielmo Marconi uno dei XL, in occasione del cinquantenario della sua scomparsa 1937-1987, pp 73-74.

Le grandi conquiste già fatte ci permettono tuttavia di asserire oramai con certezza che, per mezzo delle onde elettriche, l'umanità non solo ha a sua disposizione un nuovo e potente mezzo di ricerca scientifica, ma sta conquistando una nuova forza e utilizzando una nuova arma di civiltà e di progresso che non conosce frontiere e può perfino spingersi negli spazi infiniti ove mai prima di ora, forse, è potuto penetrare il palpito o una qualsiasi manifestazione dell'attività e del pensiero dell'uomo.
Questa nuova forza, la quale sta prendendo una parte sempre più decisiva nella evoluzione della civiltà umana, è certo destinata al bene generale col promuovere la reciproca conoscenza tra i popoli, favorendo in tal modo la pace, permettendoci di sempre più soddisfare un desiderio essenzialmente umano, quello, cioè, di poter comunicare fra di noi con facilità e rapidità, annientando quell’elemento potente di separazione che si chiama distanza.

Guglielmo Marconi, Fenomeni accompagnanti le radiotrasmissioni (1930), in Scritti di Guglielmo Marconi, Roma, Reale Accademia d’Italia, 1941, pp. 389-401.

Nei primissimi giorni della "radio", quando le onde elettriche cominciavano ad essere usate per scopi pratici, parlavamo soltanto di "telegrafia senza fili", ma col progresso della tecnica, le onde elettriche sono state sempre più largamente usate non soltanto per la radiotelegrafia ma anche per la radiotelefonia e la radiodiffusione, per la radiogoniometria sul mare e nell'aria, per il comando a distanza di meccanismi come bersagli, siluri, macchine volanti e altri dispositivi simili usati principalmente per scopi bellici e, più recentemente, per la trasmissione di immagini e facsimili e per la televisione.
Spero che non mi giudicherete un visionario se vi dirò che è possibile che un giorno le onde elettriche possano anche essere usate per la trasmissione di energia a distanze moderate, se riusciremo a perfezionare i dispositivi atti a proiettare le onde secondo fasci paralleli in modo da ridurre al minimo la dispersione e la diffusione dell'energia nello spazio. [...]

Guglielmo Marconi, Radiocomunicazioni (1926), in Scritti di Guglielmo Marconi, Roma, Reale Accademia d’Italia, 1941, pp. 347-368.

Prima di concludere vorrei accennare a un'altra possibile applicazione di queste onde che, se avesse successo, potrebbe essere di grande aiuto per i naviganti.
Come venne mostrato per la prima volta da Hertz, le onde elettriche possono essere completamente riflesse da corpi conduttori. In qualcuna delle mie prove avevo notato gli effetti della riflessione e della deflussione di queste onde da parte di oggetti metallici posti a miglia di distanza.
Mi sembra che sarebbe possibile progettare apparati per mezzo dei quali una nave potrebbe irraggiare o proiettare un fascio divergente di questi raggi in ogni direzione desiderata. Questi raggi, qualora incontrassero un oggetto metallico, per esempio un altro piroscafo o un'altra nave, potrebbero essere riflessi indietro a un ricevitore, schermato dal trasmettitore locale, posto sulla stessa nave dove è installato il trasmettitore e rivelare allora immediatamente la presenza e il rilevamento dell'altra nave, e questo anche in caso di nebbia o scarsa visibilità. Un altro grande vantaggio di tale apparato sarebbe il seguente. Esso sarebbe in grado di dare un avvertimento della presenza e del rilevamento di navi, anche nel caso in cui queste navi fossero sprovviste di ogni tipo di radio.

Guglielmo Marconi, La radiotelegrafia (1922), in (a cura di) Giovanni di Benedetto, Bibliografia marconiana, Firenze, Giunti, 1974.

Noi abbiamo raggiunto nella scienza ed arte delle radiocomunicazioni uno stadio in cui le espressioni dei nostri pensieri possono essere trasmesse e ricevute pressoché istantaneamente e simultaneamente, praticamente in ogni punto del globo [...].
La radiodiffusione, tuttavia, con tutta l’importanza che ha raggiunto ed i vasti campi inesplorati che restano ancora aperti, non è - secondo me - la parte più significativa delle comunicazioni moderne, in quanto è una comunicazione a senso unico.
Un’importanza assai maggiore è legata, a mio parere,- alla possibilità fornita dalla radio di scambiare comunicazioni ovunque i corrispondenti possano essere situati, sia nel mezzo dell'oceano, sia sul pack ghiacciato del polo, nelle piane del deserto oppure sopra le nuvole in aeroplano! [...]
La peculiarità dell'uomo, la caratteristica che segna la sua differenza da e la sua superiorità sugli altri esseri viventi, a parte la divinità della sua origine e del suo fine ultimo, consiste, penso, nella capacità di scambiare con i suoi simili pensieri, sensazioni, desideri, ideali, preoccupazioni ed anche lamentele! Ogni cosa progettata per facilitare e sviluppare questa capacità veramente superiore deve essere – oso affermare - salutata come il mezzo per il progresso dell'umanità e la via per potenziare la tipica peculiarità dell'uomo. Con tutti i nostri attriti, gelosie ed antagonismi (inevitabile cronica afflizione dell'umanità) e malgrado i sanguinosi sconvolgimenti che di tanto in tanto lo mettono in serio pericolo, l'ideale della pace e della fratellanza rimane sempre vivo in noi […]
Nella radio abbiamo uno strumento che ci permette di avvicinare i popoli del mondo, di far sentire le loro voci, le loro necessità e le loro aspirazioni. Il significato di questi moderni strumenti di comunicazione è così totalmente rivelato: un potente mezzo per il miglioramento delle nostre mutue relazioni di cui oggi possiamo usufruire; dobbiamo solo seguirne il corso in uno spirito di tolleranza e di comprensione reciproca, solleciti nell’utilizzare le conquiste della scienza e dell’ingegno umano per il bene comune.

[Tratto dal radiomessaggio di Guglielmo Marconi al Chicago Tribune Forum dell'11 Marzo 1937]

L'autore desidera ringraziare il Prof. G.B. Marini-Bettolo i cui studi e pubblicazioni su Marconi hanno facilitato enormemente il lavoro necessario per approntare questo testo e la D.ssa Barbara Valotti per l’accurato reperimento delle fonti bibliografiche.


Note
[1] Gian Carlo Corazza “Marconi e l’invenzione della radio”, Alta frequenza 7 (1995), pp. 12-17.


MARCONI E L’INVENZIONE DELLA RADIO

GLI ESPERIMENTI DEL GIOVANE MARCONI

OLTRE IL MITO DELL’AUTODIDATTA: ORIGINI E FORMAZIONE DI GUGLIELMO MARCONI




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